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5O ANNI DI ARANCIA MECCANICA

In un'Inghilterra mentalmente repressa degli anni '60, la società propina un modello di cittadino profondamente in contrasto col fervido animo dei giovani, che vedono in essa un nemico contro cui scagliarsi: è in questo ambiente che vive Alex DeLarge, evasore della legge che non ha regole per nessuno, neanche per sé stesso. Non esiste momento da cui non trasudi (Ultra)violenza, unico mezzo per raggiungere il bramato scopo del protagonista e dell'intero Paese: un potere assolutistico da imporre invece che cui sottostare. I simbolismi con i quali il regista cerca di veicolare questo messaggio hanno inevitabilmente influenzato numerosissimi registi successivi: da Michael Haneke in Funny Games, a Rob Reiner in Misery non deve morire, a Sergio Leone in C'era una volta in America.

La narrazione è divisibile in due parti grazie alle quali ci è più immediata la comprensione del processo di (tentato) cambiamento attuato da Alex e dalle persone che lo circondano. Durante la Pre Cura Ludovico, l'indiscusso protagonista altri non è che Alex, con la sua vita fatta di musica classica beethoveniana dalla duplice funzione: è mezzo sul quale sfogare la sua malata personalità ma anche motivo di maggiore esaltazione e condizione di drogato qual è, e non di Latte+, ma di tutto quel suo mondo in cui si parla una lingua da lui inventata, il Nadsat. Suoi passatempi sono lo stupro e il furto, attuati nel cuore della notte, che vuole sia momento d'incubo per gli altri, e di potere per lui, anche se ancora non si tratta neanche dei suoi momenti di maggior cattiveria, seppur così sembri. Ed è così che ad un certo punto, abbandonato anche dai suoi Drughi, finisce in prigione: il sadico lupo è divenuto un innocente agnello, o si tratta solo di un'illusione? Consideriamo come, durante la proiezione d'immagini di bombardamenti, razzie e uccisioni cui viene sottoposto, si metterà a gridare per via dell'uso a suo avviso inappropriato dell'amato Beethoven in sottofondo e non per ciò che vede. Siamo ora nel Post Cura Ludovico: è scomparso alcuno spartiacque tra la cattiveria di Alex e quella dello Stato, nuovo protagonista, che lo dirà guarito grazie ad una cura in realtà ancora solo in sperimentazione, mostrandolo ai giornali con la fierezza di un domatore di leoni. Ma dalla voce e dalla mente di Alex possiamo comprendere che, a celarsi dietro il suo presunto cambiamento, vi è più di quanto ci viene detto e che, se non migliorato, è forse addirittura peggiorato.

Egli non dista in alcun modo dal tipo di personaggio kubrickiano, che a distanza di decenni ha ancora tanto da insegnarci (domanda di sintesi a tutto ciò è “Fino a dove può spingersi un uomo?”): frustrato, maligno, umoristico, sadico, dinamico.

Ma a differenza di personaggi come il soldato Joker di Full Metal Jacket o il dottor Stranamore è dotato, nella sua follia violenta, di sincerità e impulsività maggiori, che ci accompagnano durante tutto il suo terribile agire. D'altronde, quale modo più efficace per far riflettere sulla violenza e sui suoi confini del male, se non quello di sbatterla in faccia agli spettatori nel modo più feroce possibile?


Lisa Caruso




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