Al giorno d’oggi si difende tanto il concetto di diversità e stranezza, purtroppo ancora spesso visto male dalla società. Questi temi, più che mai attuali, sono trattati in uno dei film che più apprezzo e che trovo complicato da descrivere a parole: Split. Si tratta di un thriller/horror psicologico, distribuito nel 2016 e diretto da Night Shyamalan. Straordinario esordio del regista fu The Sixth Sense ( Il Sesto Senso) nel 1999, le sue pellicole successive furono poi però criticate negativamente. A differenza di queste Split fu elogiato dalla critica mondiale e così apprezzato dal pubblico da incassare quasi 300 milioni di dollari, essendo stato prodotto con un budget di soli nove, in quanto nuova produzione low-budget (a basso costo). Il racconto è incentrato sulla patologia di Kevin, il protagonista, che, affetto da un disturbo di personalità, rapisce tre adolescenti. Inizialmente la pellicola avrebbe visto Joaquin Phoenix come protagonista, poi sostituito da James McAvoy, che in questo film a mio parere cupo, violento e sorprendente si rivela essere notevolmente spaventoso. Il disturbo dissociativo dell’identità (DID), da cui è affetto Kevin, fa sì che nel corpo di questo vivano 23 personalità, a cui si aggiunge poi una ventiquattresima, colpevole della morte di due delle ragazze rapite. Come dichiarato dallo stesso McAvoy, interpretare un personaggio con più personalità è stato per lui come interpretare contemporaneamente più ruoli (nove per l’esattezza, dato che nonostante le personalità descritte siano ventiquattro, ne vengono mostrate solo nove). Pochi sanno che la persona di Kevin sia liberamente ispirata a Billy Milligan, criminale affetto dallo stesso disturbo, che rapì e violentò tre studentesse. Penso che il film, quando ad avere la parola è la brava psicologa di Kevin, mostri appieno come questa patologia sia snobbata dalla comunità scientifica. Infatti, anche se non presa sul serio, questa patologia esiste e funge da meccanismo adattivo-difensivo per chi ha subito un grande trauma infantile. Chi ne è affetto presenta più personalità, tra loro diverse per età, sesso, calligrafia, acuità visiva e parametri fisiologici. La casa di Kevin mostra bene questa cosa: alcuni ambienti sono puliti, altri trascurati, altri ancora infantili. Poiché nel film si parla anche dell’importanza del dolore derivato da esperienze traumatiche, oltre che di diversità, la mia libera interpretazione fa riferimento ad un tema comune nelle narrazioni: “Quello che non ci uccide ci rende più forti”. A questo punto, viene facile capire che il termine inglese “split” (diviso) faccia riferimento ai corrispondenti significati italiani: divisione e rottura, ovviamente interiore. Giungo alla conclusione consigliandovi vivamente “Split”per l’ambigua natura che presenta: la razionalità scientifica e il soprannaturale, argomenti che da sempre affascinano l’uomo. La sola cosa che potrei contestare è che il DID venga rappresentato come spaventoso e pericoloso, mentre così in realtà non è, ma comprendo sia stato fatto per esigenze cinematografiche. Dunque, cari lettori, desidero concludere proponendovi la mia frase e riflessione preferita del film: “Consideriamo le persone che sono diverse da noi inferiori, ma se invece fossero superiori?”
Lisa Caruso
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