“Principessa Mononoke”: così viene chiamata la ragazza citata in Verdura, brano dei Pinguini Tattici Nucleari.
A differenza del gruppo, medaglia di bronzo alla settantesima edizione del festival di Sanremo, la pellicola giapponese non ha riscontrato la stessa fortuna.
Non fatevi scoraggiare dai pregiudizi sull’animazione: nonostante alcune opere possano rivelarsi deludenti anche per gli stessi bambini a cui sono destinate, molte altre ci svincolano dalla pesantezza della realtà. Princess Mononoke è una di queste: Hayao Miyazaki crea un mondo in di miti e sogni, mostrandoci viste fantastiche ed introvabili nel mondo reale. Come sempre, lo studio Ghibli ci regala scene accuratamente studiate ed intense, accompagnate da una colonna sonora di alto livello, sebbene non manchino spunti di carattere morale.
La storia è ambientata nel Giappone medievale, in un’epoca in cui, mentre alcuni continuavano a vivere in armonia con la natura, altri iniziavano a domarla e combatterla. L’ordine viene meno quando il giovane principe Ashitaka avvista un orrendo cinghiale ricoperto di serpenti: una figura demoniaca che preannuncia uno squilibrio nella natura. Il principe riesce ad ucciderlo e salvare il suo popolo, ma viene ferito dalla bestia. L’unica soluzione per evitare la morte è recarsi ad occidente, dove si nascondono forze malvagie.
Al seguito del protagonista, il paesaggio si tramuta da una lussureggiante foresta in una landa brulla, derubata di alberi destinati alla produzione. È evidente che il rispetto per la natura sia un tema chiave, tuttavia Miyakazi non assume mai un tono moraleggiante e anzi mantiene una visione ottimistica: la sua opera è pervasa dalla speranza che l’uomo comprenda i propri errori. Non si tratta di un banale scontro fra bene e male, ma del tentativo di umani, spiriti della natura e divinità della foresta di ristabilire l’armonia in un momento caotico.
Princess Mononoke è un elogio alla complessità umana: la foresta è abbattuta per alimentare fornaci operate da schiave, mentre dei lebbrosi hanno il compito di produrre armi. Eppure le prime sono trattate rispettosamente dal padrone, anzi gioiscono della loro inconsueta libertà, e i secondi sono altrettanto contenti di essere accettati. Persino personaggi chiaramente antagonistici e additati come malvagi mostrano elementi positivi e motivazioni quantomeno comprensibili. Tutti i conflitti sono sfaccettati e alimentati da interessi complessi e vari.
Tuttavia un innato messaggio pacifista anima questo film, il nostro protagonista infatti evita la violenza, ritenendola solo origine di altra violenza, mentre l’armonia con la natura diviene fondamentale per la pace fra gli uomini. La pellicola riesce anche a dare voce alle donne, in un periodo in cui, in verità, ne avevano ben poca. Alla bella e selvaggia principessa Mononoke si contrappongono figure molto più vicine alla realtà: donne dedite al lavoro del metallo o anche capaci di impugnare le armi. Figure forti e indipendenti, criticate perché lontane dalla tradizione. Inoltre l’opera presenta una splendida storia d’amore, che sfida le convenzioni moderne e passate.
Princess Mononoke è un piccolo capolavoro, da guardare assolutamente. Non avete scuse, lo potete persino trovare su Netflix!
Bartolomeo Zisa

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