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Recensione di "Venom: The Last Dance" (2024)

"Venom: The Last Dance", diretto da Kelly Marcel, chiude la trilogia dedicata al simbionte interpretato da Tom Hardy. La storia segue Eddie Brock e Venom nella loro battaglia contro Knull, il re dei simbionti, che minaccia di distruggere la Terra per liberarsi dalla sua prigione dimensionale. Durante la fuga, i protagonisti esplorano luoghi iconici come l'Area 51, scontrandosi con scienziati e militari che cercano di sfruttare il potere dei simbionti.

Il film mantiene il tono umoristico e oscuro tipico della serie, ma continua a riproporre dinamiche già viste. Il rapporto tra Eddie e Venom, fondato sul conflitto tra razionalità e istinto, offre momenti divertenti ma a tratti ripetitivi. Sebbene il ritmo sia più serrato rispetto ai capitoli precedenti, con una durata di circa 110 minuti, il film soffre di una caratterizzazione superficiale di nuovi personaggi come la dottoressa Payne, interpretata da Juno Temple. Dal punto di vista visivo, la CGI alterna sequenze efficaci a momenti meno convincenti, con un budget evidentemente limitato. Anche la performance di Tom Hardy, sebbene funzionale, non aggiunge profondità al personaggio. Knull, interpretato da Andy Serkis, viene introdotto come una minaccia imponente ma rapidamente ridimensionato, risultando un antagonista poco memorabile. Pur non essendo un capolavoro, il film offre intrattenimento per i fan della serie, con alcune sequenze d'azione ben coreografate e un finale conclusivo. Tuttavia, per chi non ha apprezzato i film precedenti o cerca una narrazione più innovativa, potrebbe risultare una visione facilmente dimenticabile.

In sintesi, "Venom: The Last Dance" si posiziona come un capitolo coerente ma non rivoluzionario, più orientato al pubblico affezionato che al rinnovamento del genere.

                                                                                                  

Ivan Mormina, Rosario Battaglia e Antonio Cottonaro

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