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Strappare lungo i bordi: Zerocalcare è il rapsodo della débâcle giovanile italiana

«Calcola che se domani arriva San Pietro e me chiede che forma c’hanno le vite delle persone intorno a me - mo non lo so perché San Pietro, me pare uno che ‘ste domande del c*zzo le fa - io je risponderei: ‘’La forma de una che pensava de fa’ l’insegnante e ha passato la vita a insegui’ quer sogno, a ritaglia’ quella sagoma là, e mo invece tutta l’esistenza sua je se squaglia tra le mani, giorno dopo giorno, in un ufficio de m*rda fuori dal Raccordo, a porta’ il caffè a gente che manco se ricorda come se chiama; oppure la forma de uno che vive sempre in bilico co’ ‘sta spada de Damocle sulla capoccia, che se ‘sto mese non je staccano la luce e il gas dipende solo da che carte je so capitate in mano a ‘sto giro e da quanto so’ forti o so’ p*ppe gli artri giocatori der torneo.’’.»

-Zerocalcare

Da ormai qualche settimana su CiakClub, Lascimmiapensa.com o su qualsiasi altro blog di cinema non si discute d’altro se non di ‘Strappare lungo i bordi’, serie Netflix siglata Zerocalcare aggiunta al catalogo del servizio streaming il 17 novembre scorso e indubbiamente la moda del momento, cinematograficamente parlando.

Come dianzi anticipato, l’ideatore della serie è Zerocalcare, pseudonimo di Michele Rech, fumettista italiano classe ’83. È a Rebibbia, area urbana romana in cui è cresciuto e continua a risiedere, che, verso la fine delle scuole superiori, decide di avviare la propria attività, scrivendo nel corso del tempo numerosi libri a fumetti di stampo principalmente autobiografico e arrivando negli ultimi anni a produrre anche qualche corto animato (vi consiglio vivamente ‘Rebibbia quarantine’), acquisendo in generale un felice successo; ma è con la sua ultima trovata, ‘Strappare lungo i bordi’, che sembra aver davvero centrato il bersaglio (sarà perché la stragrande maggioranza dei giovani italiani preferisce aprire Netflix piuttosto che un libro? Chi lo sa!).

Dichiaratamente ispiratosi al primo e più rinomato suo fumetto ‘La profezia dell’armadillo’, in ‘Strappare lungo i bordi’ Zerocalcare propone allo spettatore una trama centrale (inter)rotta da aneddoti ed excursus (Erodoto sarebbe fiero di te, Michele) volti ad arricchire il racconto, ma soprattutto a contestualizzare la trama principale, che vede come protagonisti Zerocalcare stesso e due suoi amici, Sarah e Secco, intenti ad effettuare un viaggio. Grazie a queste interruzioni (materializzate perlopiù da dei flashback), l’autore, anche mediante l’ausilio del personaggio dell’armadillo (la cui voce è prestata dall’abile Valerio Mastandrea), personificazione della sua coscienza, vomita addosso allo spettatore il proprio punto di vista su tematiche di attualità o autobiografiche che in generale convergono tutte verso un’unica e grave problematica che cruccia l’Italia odierna: la dispersione giovanile. Nel far ciò Zerocalcare farcisce le proprie argomentazioni con allusioni a qualsiasi categoria dello scibile umano, spaziando, ad esempio, dalla filosofia (i riferimenti a Nietzsche o al mito della caverna di Platone sono solo alcuni esempi) alla cinematografia (si riscontrano richiami a ‘Snowpiercer’, ‘Inglourious Basterds, ‘Game of Thrones’, ‘Dark’ e a moltissimo altro ancora).

‘Strappare lungo i bordi’ non fa altro che far lacrimare lo spettatore, dapprima per le risate, poi dal dolore, giacché pone in rilievo la realtà empirica o, per citare Machiavelli, ‘la verità effettuale della cosa’ che migliaia di giovani italiani si ritrovano oggigiorno ad affrontare; e nel far ciò fa maledettamente male, in quanto non utilizza filtri o attenuanti: Zerocalcare urla ciò che normalmente non si vuol neanche sussurrare, facendosi coadiuvare da colonne sonore tra i cui titoli se ne scorgono alcuni di un certo livello, come ‘Wait’ degli M83, ‘Black Water’ di Apparat o ‘The Funeral’ degli Band of Horses (ed è in quell’esatta scena che ogni fan di HIMYM è tornato al 2012).

Il bilancio finale non può quindi che essere positivo. Di conseguenza, caro Zerocalcare, per rispondere alla tua domanda: sì, questa roba può funziona’ e no, non te devi ingoia’ er cianuro finché stai ‘n tempo.



Gabriele Ferraro

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