Nonostante fosse il loro ultimo album come gruppo, i Pink Floyd con “The Final Cut” hanno regalato nuovamente a noi fan qualcosa su cui riflettere, sia dal punto di vista sociale che personale, fin dalla stessa title-track dell’album. “The final cut” è proprio questo: una profonda e cupa riflessione sulla vita, sul passato e anche sull’amore, scritta e cantata come fosse una storia.
Quante volte avete letto, come didascalia sotto le foto di amici o conoscenti, la frase: “E se ti mostro il mio lato oscuro mi stringerai comunque a te stanotte?”? Non so voi, ma io tante. In più, mi sono sempre chiesta se le persone sapessero la reale provenienza della citazione e se avessero una loro precisa opinione, oltre a ritenerla una frase ad effetto come spesso accade. In questa frase Roger Waters, frontman della band ed autore della maggior parte dei testi della loro discografia, ci fa riflettere su quanto sia insicuro l’animo umano e su quanta paura si abbia quando si ama una persona al punto di mostrarsi per quello che si è veramente, difetti inclusi. Ma cos’è il vero “taglio finale”? Nel contesto malinconico e pieno di rimorso in cui ci troviamo, Waters non lascia spazio all’immaginazione: il protagonista del brano è una persona inquieta che, in preda al dolore e alla disperazione, pensa di commettere quello che è considerato il gesto più estremo, ovvero il suicidio. Ma proprio ad un passo dal togliersi la vita arriva una telefonata (di cui non ci viene svelato il contenuto) che cambia tutto e toglie al protagonista il coraggio di dare il “taglio finale” alla propria vita. Qui l’autore vuole farci riflettere ancora una volta sul significato della vita. Vuole farci capire che, nonostante tutto il dolore che si possa provare, c’è sempre qualcosa, che sia inaspettato o forse da noi sottovalutato, per cui continuare a vivere.
Sara Manenti
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