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THE LAST DUEL: L’IMMAGINE DI UN MEDIOEVO SPIETATO

Il 2021 è stato senza dubbio un anno proficuo per il cinema. A tal proposito vale la pena soffermarsi, secondo la mia opinione, su The Last Duel, approdato nelle sale italiane a partire dal 14 ottobre. La pellicola, basata su eventi realmente accaduti, è ambientata nella Francia medievale della Guerra dei Cent’anni e segue le gesta di due vassalli del conte Pietro d’Alençon (Ben Affleck), amici in apparenza ma di fatto rivali nel complesso sistema della nobiltà feudale francese. Ma la vera protagonista è in realtà Marguerite de Carrouges (Jodie Comer), moglie di Jean (Matt Damon), che in assenza del marito viene brutalmente violentata da Le Gris (Adam Driver). Stare zitta, subire e poi andare avanti: questo era quanto previsto dal costume medievale in merito agli stupri. Marguerite però non ci sta e stabilisce che, se nessuno è pronto a renderle giustizia, sarà lei stessa a provvedere denunciando l’accaduto e passando alla storia come la prima donna che non ha scelto il silenzio. Ma si sa che agli occhi del mondo la prima colpevole era sempre la donna, motivo per cui non è difficile credere che le sue parole siano state messe in dubbio. Così il marito – intento a difendere più il proprio onore, anziché quello della moglie – decide di ricorrere al codice cavalleresco e sfidare Le Gris in un duello all’ultimo sangue: chi sopravvive dice il vero, chi muore dice il falso. La giustizia tanto desiderata da Marguerite si trasforma quindi nell’ennesimo gioco di potere tra uomini, un gioco da cui non dipendono solo le vite dei duellanti ma anche, e soprattutto, quella di Marguerite che, nel caso in cui a morire dovesse essere il marito, verrà pubblicamente bruciata viva per aver dichiarato il falso. The Last Duel prende spunto dall’omonimo libro del professor Jager – esperto in letteratura medievale – rielaborato impeccabilmente in fase di sceneggiatura da Ben Affleck, Matt Damon e Nicole Holofcener. L’intera narrazione è stata suddivisa in tre parti che rispecchiano i punti di vista dei tre protagonisti: Jean de Carrouges, Jaques Le Gris ed infine Marguerite de Carrouges. Lo spettatore assiste quindi 3 volte agli stessi eventi ma, contrariamente a quanto ci si possa aspettare, la visione non risulta affatto pesante perché ogni versione della storia riserva dettagli in più (o in meno) in grado di presentare una panoramica completa della vicenda e al tempo stesso di cambiare l’opinione di chi guarda: la differenza tra le versioni non sta allora nei fatti, quanto nel modo in cui questi vengono interpretati dai singoli personaggi e nella scelta di esplorare tre menti diverse che vivono la stessa situazione in modo totalmente distante l’uno dall’altro. Oltre alla sceneggiatura e alla propria esperienza nella regia, Ridley Scott fa affidamento su altri punti di forza come il cast formidabile, le colonne sonore di Harry Gregson-Williams che costituiscono lo sfondo ideale per la narrazione, e le atmosfere fredde e dure, a tratti sofferte, ad opera del polacco Dariusz Wolski, il genio della fotografia che ha lavorato a kolossal come Pirati dei Caraibi e a video musicali per Elton John, Eminem, David Bowie e Sting. Ogni tassello ha reso il prodotto finale un ottimo adattamento del romanzo portando così sul grande schermo una storia avvincente di battaglie, violenze, questioni d’onore e giustizia che si consumano in una realtà sociale meschina e spietata come quella del Medioevo.



Francesca Cannata

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