Ultimamente si è sentito parlare spesso di catcalling, fenomeno sempre più recente che ha generato opinioni contrastanti, ma di cosa si tratta esattamente?
La parola “catcalling” non è altro che la fusione dei termini inglesi “gatto” (cat) e “chiamare” (calling) ed indica moleste verbali rivolte principalmente alle donne, molto spesso per strada.
Non sono esclusivamente molestie a sfondo sessuale, ma qualsiasi tipo di discriminazione che riguardi etnia, religione, abilità o disabilità o classe sociale: ne sono un esempio i gesti, i fischi, gli inseguimenti, i palpeggianti in luoghi pubblici o avances spinte.
Tutti questi “commenti” indesiderati contribuiscono a ledere la libertà della vittima.
L’utilizzo dei social ha dato la possibilità agli influencer di dar voce alle testimonianze di molte donne e di denunciare l’accaduto anche attraverso esperienze personali, dato l’aumento continuo di molestie e di vittime senza nessuno che faccia effettivamente chiarezza sul problema, cui consegue la normalizzazione del fenomeno.
Purtroppo però non sempre i social aiutano a diffondere correttamente queste informazioni: è il caso di Damiano “Er Faina”, influencer che ha espresso frequentemente il suo parere sui problemi della nostra generazione cercando (non sempre con i modi corretti) di far ascoltare le nostre voci, ma che stavolta ha generato vero e proprio caos.
Tramite delle stories su Instagram ha esposto il suo punto di vista, dicendo che sin da bambino assisteva a dei “complimenti” rivolti da ragazzi più grandi di lui a ragazze e che in quanto complimenti non bisogna ingigantire tutto ciò, invitando quasi le donne a non denunciare queste vere e proprie molestie, poiché “vengono fatte da moltissimi anni” e sono solo “un modo di mettersi in mostra per un uomo”.
L’ultima influencer a denunciare invece il catcalling è stata Aurora Ramazzotti, portando su Instagram la propria esperienza per sensibilizzare i suoi follower su questo argomento.
La ragazza ha infatti raccontato di aver subito dei commenti spiacevoli e sessisti mentre faceva jogging, dicendo: “Possibile che nel 2021 succeda ancora di frequente il fenomeno del catcalling? Sono l’unica che ne è vittima costantemente nonostante mi vesta da maschiaccio? Non appena mi metto una gonna o, come in questo caso, appena mi tolgo la giacca sportiva, perché sto correndo e fa caldo, devo subire fischi e commenti sessisti e altre schifezze. A me fa schifo. Se sei una persona che lo fa, sappi che fai schifo”.
Nonostante, alla luce degli ultimi avvenimenti, questo problema sia stato discusso ampiamente, è fondamentale non banalizzare: quando una donna è vittima del catcalling, non denuncia l’accaduto, tra le varie ragioni, anche perché a lungo andare tali comportamenti tendono ad avere un risvolto nelle scelte quotidiane della vittima.
Ciò si riscontra anche nelle azioni più semplici della vita quotidiana, come la scelta di prendere una strada piuttosto che un’altra per paura di chi si potrebbe incontrare o di essere seguita, scegliere di indossare un vestito piuttosto che un altro, sentirsi a disagio sui mezzi pubblici, essere filmate e così via…
Martina Carnemolla e Alice Pulino

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