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Da “Viva Verdi” a “Viva l’Italia antifascista”

Da sempre gli italiani hanno sentito il bisogno di protestare, manifestare, urlare.

Ricordiamo come ai tempi del Risorgimento non mancavano le grida dei patrioti che si facevano sentire nelle strade e nei teatri.

"Viva Verdi" urlavano.

Eppure non era solo un elogio al grande musicista, non era un riconoscimento diretto alle sue opere, bensì un simbolo di resistenza contro l'Austria e la lotta per l'indipendenza nazionale.

Quel "Viva Verdi" alludeva in realtà alla scelta di affidarsi ai Savoia per raggiungere l'unità d'Italia.

"Viva Vittorio] E[manuele] R[e] DI[talia]”, questo era il vero urlo.

I teatri lirici si trasformavano così in campi politici, ma d'altronde, sin dall'antica Grecia l'Opera è politica.

Le urla non cessano nemmeno oggi, nemmeno alla Scala di Milano.

Ma al posto di quel "Viva Verdi" sarà "Viva l'Italia anti-fascista" a sentirsi dalla platea.

"Se uno viene alla Scala ad urlare ha un problema" commenta Salvini, forse non ricorda che urlare, ormai, è quasi una tradizione.

Quel grido, il 7 dicembre, dopo l'inno di Mameli diretto da Riccardo Chailly, sarà di Marco

Vizzarelli, un giornalista sessantacinquenne.

Griderà per protesta si, a seguito dei mille imbrogli e circostanze che si erano venute a creare nel “teatrino" della Scala.

Sarà infatti una serata "inusuale", basti pensare che ad essere assente sarà il presidente della

Repubblica Sergio Mattarella oltre che alla prèmier Giorgia Meloni.

Iniziano così i giochi, una partita a scacchi per l'assegnazione dei posti, ed al centro di questa scacchiera vi era Liliana Segre, senatrice a vita che avrebbe dovuto prendere il posto del presidente della Repubblica.

A fare il primo passo sarà il presidente del Senato La Russa che dichiara: "lo sarei felice se la senatrice fosse presente sul palco d'onore della Scala, anche per ribadire la vicinanza e solidarietà che c'è in tutti noi sulle vicende meridionali".

Arriverà dopo la notizia che Sala, il sindaco di Milano nonché presidente del teatro, si sarebbe seduto accanto a Segre, ma in platea, un po' per evitare quella "vicinanza" che avrebbe voluto La Russa con la senatrice.

Notizia che, sarà seguita da una più sconvolgente: il presidente del Senato è disposto a sedersi in platea accanto a Segre.

La sera, alla fine, saranno disposti entrambi vicino alla senatrice ma sul palco reale.

Da qui le polemiche, soprattutto da alcuni rappresentanti della Scala che avevano già annunciato di non volere "chi non abbia mai condannato il fascismo" nel loro teatro, riferendosi indirettamente a La Russa.

Tutto ciò, insieme allo scompiglio generato da tutte le manifestazioni che si erano tenute in piazza della Scala nel pomeriggio, fece uscire quell'urlo.

“No al fascismo" e "Viva l'Italia anti-fascista" seguiti da un "Bravo!" urla che La Russa, fra l'altro,

dice di non aver sentito.

Curioso come la Digos andrà a chiedere la carta di identità al nostro manifestante.

"Se avessi detto viva l'Italia fascista giustamente mi avreste legato e portato via" si difese.

Risero.

"Ed è finita lì, ma intanto era successo".

 

Martina Brafa

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