La politica tradizionale è oramai invisa al popolo in ogni suo aspetto. La vecchia distinzione tra sinistra, centro e destra appare oramai anacronistica. I partiti e i loro esponenti vengono considerati i crumiri dei grossi centri, detentori del potere economico.
Il crescendo di questo sentimento si è concretizzato nella recente protesta francese, conosciuta come la “rivolta dei gilet gialli”. Questa manifestazione potrebbe diventare di respiro mondiale, rivolgendosi alla globalizzazione che ha frantumato la struttura socio-economica degli ultimi decenni.

Ma chi sono i gilet jaunes? Il nome trae origine dal giubbotto indossato dagli automobilisti nei casi di emergenza, usato dai manifestanti come tratto distintivo. La loro protesta contro il rincaro del prezzo del carburante, previsto dal governo di Emmanuel Macron, è nata da una raccolta di firme online. È, però, presto sfociata in una vera e propria rivolta, estendendosi alle più generali richieste di tagli alle tasse ed evidenziando un malcontento generale che aspira all'aumento del reddito minimo, al ritorno del pensionamento a 60 anni e, in generale, a molte misure sociali che il governo Macron sembra aver dimenticato.
Sono stati quindi indetti ed organizzati dei cortei, al fine di contrapporsi alla politica sociale e fiscale francese. Le manifestazioni tenutesi sono, però, state un crescendo di violenza, fino a sabato 1 dicembre.
La protesta non ha avuto infatti nulla di democratico: è stata una vera e propria guerriglia. In pieno centro di Parigi un palazzo è stato dato alle fiamme e centinaia di persone sono rimaste ferite. Sono dilagate violenze ed aggressioni, auto bruciate, vetrine di molti negozi frantumate; tutto a causa dell'infiltrazione dei "casseurs" (teppisti) tra le fila dei gilet gialli, coinvolti in scontri con la polizia, che da parte sua ha lanciato contro la folla gas lacrimogeni e arrestato centinaia di manifestanti.
La situazione è peggiorata ancora il sabato seguente, giorno 8 dicembre. Si sono verificati scontri in tutta la Francia, soprattutto nelle città di Nizza e Marsiglia, e la protesta si è allargata anche alla vicina Bruxelles.

Finalmente, il primo ministro Edward Philippe, dopo il quarto sabato di tensione, ha dichiarato: “È arrivato il momento del dialogo”.
Anche gli studenti hanno partecipato alla protesta; infatti, giorno 6 dicembre, le forze di polizia hanno arrestato oltre 150 studenti costringendoli a stare in ginocchio, sotto “l'egida” delle armi.
Ora, analizzando il programma dei gilet gialli, si trovano diverse somiglianze con il programma politico del M5S dell'ultima tornata elettorale. È facile arguire come questi temi, bistrattati dagli ultimi governi europei per inseguire concetti economici quali “Risorse”, “PIL” e “Spread” siano fortemente sentiti dalla società europea, vittima di manovre economiche a discapito del ceto medio. Quanto sta succedendo è un chiaro sintomo del fallimento della politica elitaria occidentale. L'élite che per tutta la modernità aveva subito l'avanzata della classe proletaria, adesso guarda al mondo socio-economico con ottimismo, un mondo dominato non più dalla forza lavoro, bensì dalla ricchezza e dallo strapotere della tecnologia. Al contrario, la speranza nel futuro è stata alienata ai ceti deboli.
Viene quindi da chiedersi: avrà tutto ciò risonanza e ripercussioni anche in Italia?
Antonio Rizza
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