Negli ultimi mesi, ma già a partire dalla seconda metà del 2020, si è tanto parlato di crisi dei microchip. Ma cosa sono e, soprattutto, perché il fatto che non sia stato possibile soddisfare la loro domanda è così importante? Come premessa bisogna dire che ogni prodotto che contiene dell’elettronica funziona grazie ai microchip, termine generico con cui indichiamo i circuiti integrati. I microchip sono composti da poche unità fino a centinaia di milioni di componenti elettronici, inseriti su un supporto, una piastrina, generalmente di silicio. Il primato nella produzione di microchip spetta a Taiwan. Infatti la TSMC (Taiwan Semiconductor Manifacturing Company) da sola vale il 54% del mercato mondiale di produzione dei microchip. Ma rivali di Taiwan in questo settore sono anche la Corea del Sud, la Cina e gli Stati Uniti.
Sulla crisi dei microchip si possono trovare diverse cause scatenanti. Sicuramente la più influente è dovuta alla pandemia di COVID-19. Infatti, nel periodo di lockdown, è stata sottostimata la richiesta di prodotti elettronici, quando in realtà proprio in quel periodo è aumentata la domanda, dal momento che molti lavoravano in smart working. Per non parlare del fatto che le misure di sicurezza e contenimento adottate per contrastare il virus hanno notevolmente rallentato i commerci di una filiera spezzettata in tanti passaggi e stati diversi.
Oltre a questo si sono verificate una serie di circostanze sfavorevoli. In primis Taiwan ha sofferto la peggiore siccità degli ultimi 50 anni e l’acqua è fondamentale per questa industria; serve infatti per pulire le piastrine di supporto. Un incendio ha anche messo in ginocchio alcuni stabilimenti in Giappone e, come se non bastasse tutto questo, la crisi ha risentito anche della guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti per la supremazia tecnologica.
Nell’attesa che la situazione ritorni alla normalità l’Europa sta cercando di sganciarsi dalla dipendenza da Taiwan e Corea del Sud creando degli stabilimenti sul proprio territorio. In tutto questo che ruolo avrà l’Italia?

Francesca Miceli
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