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La cultura del possesso spiegata attraverso i Greci.

Nel mese di novembre, in occasione della giornata contro la violenza sulle donne e, purtroppo, anche a causa del femminicidio di Giulia Cecchettin, che ha suscitato l’orrore e la rabbia dell’Italia intera,  abbiamo tanto sentito parlare di cultura del possesso e dello stupro; infatti questo tragico fenomeno sembra essere dovuto a secoli e secoli di legittimata predominanza degli uomini sulle donne. Quale occasione migliore per fare dunque un parallelismo con il mondo greco, dal quale la cultura occidentale trae origine, riportando il mito di Apollo e Dafne, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio… La storia parla del dio Apollo che, a seguito di una freccia d’amore scoccata da Cupido, si invaghisce perdutamente della ninfa Dafne, tanto da volerla fare sua a tutti i costi. Ella, di contro, aveva da sempre manifestato la volontà di non volersi sposare e di rimanere vergine, nonostante il padre le avesse fatto notare come questo non potesse accadere a causa della sua bellezza. Inoltre, a seguito di alcuni scherni che Apollo aveva rivolto a Cupido, era stata, a sua volta, colpita  da una freccia contraria all’amore, e dunque rifuggiva disperatamente dal dio. Quando finalmente Apollo riesce a raggiungere la ninfa, che aveva rallentato per lo sfinimento, tenta di appropriarsi di lei, ma Dafne, essendo figlia del dio-fiume Peneo, lo invoca di avere pietà di lei e di trasformarla, così da non poter essere presa. Il padre ascolta le sue preghiere e la tramuta per sempre in un albero di alloro. Nonostante la sua forma sia radicalmente cambiata, il dio continuerà ad amarla e la consacrerà a lui; non a caso l’alloro, per la sua natura sempreverde, era considerato dagli antichi come simbolo di vita perpetua. Difatti, possiamo dire che Dafne, mutata la forma, continuò effettivamente a vivere. E per opporsi alla volontà del dio dovette perdere la sua autonomia e il suo stato fisico originario. Questa è solo uno dei tanti miti dell’antichità in cui gli dei, innamorati di figure femminili, ne tentano di ogni sorta, dagli inganni ai discorsi  estorsivi, pur di convincerle a soddisfare i loro desideri, e in caso di rifiuto da parte di esse, la violenza era ormai, non solo scontata, ma quasi necessaria e meritata. Ciò, per esempio, non accadeva - in merito alle Metaformosi di Ovidio - quando gli dei erano innamorati di altri uomini (l’omosessualità nel mondo antico era praticata indiscriminatamente in entrambi i sessi), come nel mito in cui si narra che Apollo, innamorato di Giacinto, acconsente a piegarsi alla sua volontà, non esercitando nessuna violenza, pur di essere ricambiato.

Questo semplice mito e i particolari aggiunti in seguito ci dimostrano chiaramente che, quando si parla di cultura del patriarcato, non si sta facendo dell’estremismo, anzi essa è una realtà nociva ben radicata che ha permesso agli uomini, nel corso di intere generazioni e popoli, di poter fare delle donne ciò che più preferivano, guardandole solo come oggetto di piacere e non come persone tali e quali a loro, ammettendo, dunque, la violenza in ogni sua forma, sino all’omicidio.

 

Gioia La China

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