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LA PROVA PIU’ DURA CHE ATTENDE I PARTITI.

"Tra otto mesi potrò riposare".


Con queste parole Mattarella respinse per la prima volta pubblicamente l’ipotesi di un reincarico davanti ai bambini di una scuola elementare di Roma a maggio. Con questa mossa lanciò un chiaro messaggio ai partiti, che fino a quel momento speravano in una sua possibile rielezione per salvaguardare l’attuale quadro politico del quale egli era stato l’artefice dopo la crisi del Conte II, convincendo Draghi a diventare il premier e a far sì che attorno a lui si costruisse una maggioranza quanto più possibile ampia. Si tratta di una partita complessa, legata al destino del governo Draghi: c’è il rischio che, se i partiti che sostengono Draghi (M5S, Lega, Forza Italia, PD, Italia Viva) non riescano ad esprimere un nome comune, la maggioranza possa spaccarsi con evidenti conseguenze per la tenuta del governo.

In quest’ultimo periodo pare che il sogno di succedere a Mattarella lo coltivi Silvio Berlusconi, per il quale sarebbe la più clamorosa riabilitazione. È però evidente che un nome del genere non può essere il collante di una maggioranza simile, in quanto PD e M5S rappresentano i suoi storici avversari e il centrodestra ha a disposizione solo 451 voti per l’elezione del Capo dello Stato. L’ago della bilancia in questo caso potrebbe essere il leader d’Italia Viva Matteo Renzi, tradizionalmente vicino ad alcuni esponenti di centrodestra. Ciò perché nel 2014, da segretario del PD, riuscì a formare il suo governo inglobando il Nuovo Centrodestra, una costola staccatasi dal partito di Berlusconi Forza Italia. A conferma di quanto affermato prima, verso la fine di ottobre Renzi ospitò a Firenze Gianfranco Miccichè, numero uno di Forza Italia in Sicilia, ufficialmente per tentare di avviare un dialogo in vista delle elezioni comunali di Palermo e regionali, ufficiosamente per garantire a Berlusconi i voti di Italia Viva nella corsa al Quirinale. Ancora una volta, nonostante il bassissimo indice di gradimento nei suoi confronti, pare che Renzi voglia rigiocare da “regista” come fece 6 anni fa, quando fu proprio lui a orientare i voti verso Sergio Mattarella.

A parte Berlusconi, un altro nome che potrebbe superare i veti incrociati tra i partiti della maggioranza è quello di Giuliano Amato. Il suo curriculum ne è prova: 2 volte premier, più volte Ministro delle finanze, giudice della Corte costituzionale dal 2013. Amato sarebbe in grado di dare garanzie ai partiti perché pur avendo in passato militato nella sinistra non dispiace a certi ambienti della destra. Per fare un esempio Renato Brunetta, berlusconiano di ferro, non ha mai nascosto la sua ammirazione per lui.

Tra tutti i nomi che circolano, dulcis in fundo aleggia sempre lo spettro di Mario Draghi. Il premier, scelto da Mattarella in un momento difficile per il nostro Paese proprio per il suo alto profilo, appare come la figura più idonea. Naturalmente una sua elezione al Quirinale porterebbe alla fine del suo governo e si andrebbe a elezioni anticipate.

Questo scenario farebbe precipitare il nostro Paese nel caos perché saremmo senza un governo che gestisca l’avvio del piano di ripresa dal Covid-19 sostenuto da quasi 200 miliardi di euro di fondi Ue, dando l’immagine di un Paese allo sbaraglio in una fase ancora emergenziale. Per questo motivo chi vuole Draghi al Quirinale sa che serve un accordo per blindare la legislatura, individuando un nome capace di tenere insieme l’attuale maggioranza fino al 2023. Un’ipotesi è quella di indicare come successore di Draghi Marta Cartabia (che allo stesso tempo è anche tra i quirinabili). Sarebbe una svolta storica: mai nessuna donna ha guidato l’esecutivo. Cartabia ha un curriculum di alto livello: presidente della Corte costituzionale e Ministra della Giustizia. Altro nome degno di nota è quello del Ministro dell’Economia Daniele Franco, che pare sia la persona indicata da Draghi stesso nel caso venisse eletto Presidente. In entrambi i casi l’interrogativo rimane: riuscirebbero Cartabia o Franco a tenere unita una maggioranza così eterogenea?



Davide Musumeci















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