Fino a che punto siamo disposti ad accettare manifestazioni evidenti di razzismo giustificate dalla satira?
Soprattutto in quest’ultimo anno, il razzismo nei confronti della popolazione asiatica è peggiorato a causa della pandemia da Covid-19. Questo fenomeno si è sviluppato in tutto il mondo, sia nei paesi europei che nei paesi extra-europei, tanto che negli Stati Uniti si è raggiunto il culmine con una sparatoria ad Atlanta in cui sono morte 8 persone. Di conseguenza migliaia di cittadini hanno manifestato aderendo al movimento #StopAsianHate. Ad oggi, tale grido di protesta ha coinvolto anche l’Italia alla luce di recenti fatti accaduti nel prime time della televisione degli studi della Mediaset. In particolare, lo scandalo ha visto come protagonisti i due conduttori del programma Striscia la notizia, programma satirico seguito ogni sera da oltre 7 milioni di spettatori.
I conduttori in questione, Gerry Scotti e Michelle Hunziker, mentre presentavano un servizio, hanno iniziato a sbeffeggiare la pronuncia della lettera R sostituendola con la L, con lo scopo di rimandare ad un luogo comune che riguarda l’accento asiatico. In seguito, come se non bastasse, hanno proceduto a tirare gli angoli degli occhi verso l’alto, facendosi gioco dei tratti somatici delle popolazioni asiatiche. Alle accuse di razzismo da parte di tutto il mondo il programma ha cercato di sviare estrapolando degli esempi di razzismo, decontestualizzati, da un film andato in onda sulla Rai e poi, accusando a loro volta l’account Instagram che ha denunciato il loro comportamento per la prima volta, affermando che si fosse trattato di un conflitto di interessi nel campo della moda, in quanto il marito della Hunziker è il responsabile del famoso brand del made in Italy, Trussardi.
Quindi, alla luce degli eventi che si sono susseguiti negli ultimi anni, non è più possibile utilizzare la satira come espediente di razzismo e nemmeno utilizzare il razzismo come satira, ritenendo che l’accettazione di questi comportamenti da parte di un singolo individuo appartenente ad una minoranza o comunità sia sufficiente a pensare di non aver commesso alcun’offesa.
Fulvio Cavanna, Eugenia Manenti, Maria Vittoria Venniro

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