Tema molto affrontato negli ultimi anni, e soprattutto in questi giorni, è quello della toxic masculinity, al centro di innumerevoli discussioni e critiche. Viene da chiedersi come mai si stia diffondendo questo fenomeno di contrasto rispetto alla mascolinità tossica proprio tra la Generazione Z. Il perché potrebbe essere identificato nella voglia dei giovani di essere sé stessi, stanchi di dover rispettare dei canoni preimposti dalla società. Un grosso aiuto è dato dai social networks, che giocano un ruolo fondamentale, poiché rendono la sensibilizzazione circa temi del genere molto più diretta ed efficace. Ciò che manca, però, è la contestualizzazione di cosa effettivamente sia la mascolinità tossica.
Per molti giovani è la forzatura a rispettare comportamenti prettamente maschili, che spessissimo costituiscono degli stereotipi, come gli uomini che non devono piangere, che devono sempre pagare il conto o che devono vestirsi con abiti tipici maschili. La mascolinità tossica include anche il ruolo della donna, che viene visto come la parte debole, ruolo che non deve essere attribuito in alcun modo ad un uomo. Ciò che rende tossico questo comportamento è la pretesa rivolta agli uomini di cambiare sé stessi e adottare atteggiamenti che “non appartengono loro”. Poiché non esistono modi di fare solo femminili o solo maschili, è assolutamente naturale che ad un uomo piaccia mettere lo smalto e ad una donna tagliarsi i capelli corti. Se si fosse costretti a rinnegare ciò che si è, si potrebbe risultare nella misoginia e nell’omofobia, cioè, in questo caso, l’odio verso le persone a cui “è consentito” avere questi atteggiamenti.
Fortunatamente persone influenti nel mondo dello spettacolo e della musica si stanno assumendo l’onere di abbattere questi stereotipi e di sensibilizzare il più possibile il loro seguito. Alcuni esempi possono essere riscontrati in Harry Styles, proprio in questi giorni definito un “pagliaccio del circo” da una opinionista di un programma italiano; David Bowie, che ai suoi tempi provocò uno scandalo per il proprio modo di vestire; Lil Peep, che nonostante la sua morte è ancora considerato un’icona in questo ambito; Achille Lauro, cantante italiano che ha avuto il coraggio di affrontare la mentalità retrograda italiana sul palco di Sanremo. Come loro ci sono molti altri esempi di uomini e ragazzi schierati contro la toxic masculinity e, purtroppo, il loro operato non è ancora abbastanza. Non possiamo che augurarci ed impegnarci a normalizzare tutto ciò, perché il compito di queste personalità influenti è solo quello di dare un input, poiché la vera differenza è fatta da noi stessi, persone comuni ma con il potere di cambiare le cose giorno per giorno.

Fulvio Cavanna, Maria Vittoria Venniro, Eugenia Manenti
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