CERVELLI SENZA CORPO
- Scicliceo

 - 13 ore fa
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Negli ultimi decenni stiamo assistendo a una trasformazione radicale: i robot e, più in
generale, le intelligenze artificiali non si limitano più a sostituire la forza fisica dell’uomo,
ma iniziano a occupare anche lo spazio della mente umana. Questo fenomeno solleva
entusiasmi, ma anche timori profondi.
Un primo esempio evidente è quello dei sistemi di diagnosi medica. Oggi algoritmi avanzati
riescono a riconoscere tumori in radiografie con una precisione superiore a quella di molti
radiologi. In questo caso, la macchina non solo velocizza il lavoro, ma sostituisce un
processo intellettivo complesso, cioè quello dell’interpretazione delle immagini. Il medico
resta fondamentale, ma la “mente” del robot diventa un supporto indispensabile.
Un secondo ambito è il mondo della scrittura e della creatività : software capaci di
generare testi, articoli o persino sceneggiature mostrano come attività un tempo
considerate esclusivamente umane possano essere replicate. L’ispirazione profonda resta
compito dell’uomo, ma la velocità e la coerenza con cui un’intelligenza artificiale produce
contenuti spingono molte aziende a preferire l’automazione.
Un altro esempio può essere trovato nel settore educativo. Le piattaforme AI per
l’istruzione hanno la capacità di personalizzare i percorsi formativi per ciascuno studente.
Un software è capace di analizzare le aree di difficoltà di uno studente e proporre esercizi
complementari. Talvolta, l’AI supplisce l’insegnante nel fornire spiegazioni personalizzate.
La macchina, così, si appropria di una funzione tipicamente umana e cognitiva, ovvero
quella di valutare e di fornire supporto. Questo pone interrogativi sui confini
dell’insegnamento umano e dell’assistenza digitale.
Fare questi passi pone a questi robot il problema di assumere sempre più funzioni
cognitive, per avvicinarsi alla sostituzione della mente umana nei più svariati ambiti. La
vera sfida, tuttavia, è la necessità di imparare a convivere con questa evoluzione. L’uomo
troverà i suoi equilibri, usando l’automazione robotica, e senza sacrificare ciò che ci ristora:
l’empatia, la creatività, e la cognizione.
Benedetta Savarino e Giada Nigro



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