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Dimentica il mio nome

C'è un'altra parte del corpo a cui le risposte non cambiano nulla. Che se ne frega del cervello. È tipo qui, all'altezza dell'esofago, circa. Dove ci sta quel groviglio brutto di nostalgia. E di rimpianti. E di rimorsi. Di quello che non sei riuscito a dire. Di chi non sei riuscito a capire. Finché eri in tempo.

In questa graphic novel uscita nel 2014, Zerocalcare (pseudonimo di Michele Rech) racconta della sua vita, della sua famiglia, del dolore per la morte della nonna Huguette. Anche grazie alle vignette, la storia è appassionante come un film e ricca di colpi di scena, riflessioni ed emozioni. Attraverso un lungo esame di sé, Zero affronta quel senso di smarrimento che provi quando scopri che il tempo a tua disposizione è limitato. Viene investito dal dolore per la perdita della nonna e si fa strada dentro di lui il rimpianto di non aver saputo sfruttare al meglio i momenti che ha passato con lei, la paura di averla data troppo per scontata. Guardandosi alle spalle sceglie di non provare a giustificare il se stesso bambino e adolescente, addossandogli fin troppe colpe, che solo adesso, con il recente lutto per la nonna, crede di vedere. Attraverso le vignette, Zerocalcare ci catapulta nella sua vita, dove veniamo devastati prima dal dolore e poi dalla sua sottile ironia. Incontriamo anche personaggi di sua invenzione, tra cui il sempre presente Armadillo, personificazione della sua coscienza. Sono numerosi, inoltre, i riferimenti alla cultura pop degli anni ’90, che ci fanno sorridere e sottolineano un sentimento di nostalgia dovuto allo scorrere inesorabile del tempo. Zerocalcare, come solo lui sa fare, infonde nel lettore malinconia, lo porta alla commozione, a riflettere su se stesso e le sue azioni, ma, non volendo risultare troppo serio, decide di sdrammatizzare (e fargli fare quelle risate sguaiate da tapparsi la bocca). In questa graphic novel un tema fondamentale è la famiglia: Zerocalcare ricostruisce il suo albero genealogico, che pone le radici nella Nizza d’inizio ‘900 fino a spostarsi a Rebibbia (quartiere di Roma), saltando un misterioso periodo di vent’anni. E’ proprio su questo buco che si incentra l’indagine, per far luce sulla vita della nonna e della madre scoprendo i segreti che sono sempre stati nascosti. Durante il percorso, affrontando dinamiche familiari difficili e dure verità, Michele Rech riflette (e ci fa riflettere) su cosa significhi essere sé stessi: l’identità di una persona si riduce al suo nome e alle sue origini o esiste qualcos’altro che la definisce? Ormai trentenne, si interroga su cosa significhi diventare adulti e spiccare il volo, e arriva a riflettere sulla presa di coscienza che questo salto nel vuoto comporta: non si può essere sempre sicuri, confortati e protetti, altrimenti si resterà paralizzati, anestetizzati contro la realtà.

Sara Aprile


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