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Diventare calciatori nascendo in Sicilia: una missione "quasi" impossibile

I talenti provenienti dal Sud Italia hanno le stesse opportunità di emergere di quelli del Nord?

Una delle domande più frequenti per i calciatori e gli addetti ai lavori del Meridione, a cui sfortunatamente al giorno d’oggi non si può che dare una risposta negativa.

Quest’ultima scaturisce da una serie di problemi, ai quali al momento non è stato possibile trovare soluzione, sia per mancanza di investimenti sia per un generale disinteresse.

I problemi a livello economico non hanno permesso in moltissime zone del Sud Italia il finanziamento di centri sportivi all’avanguardia e, quindi, il processo di crescita delle associazioni calcistiche locali. Per fornire un esempio non dobbiamo neanche muoverci di tanti chilometri, perché, sfortunatamente, il paese di Scicli sotto questo punto di vista sembra essere rimasto indietro di quarant’anni.

L’impianto comunale dello Scapellato, dopo l’era Guccione, non ha subito alcun rifacimento e sembra quasi essersi bloccato agli anni ’90, con un impianto di illuminazione precario, tribune fatiscenti, spogliatoi ai limiti dell’agibile e un terreno di gioco a cui non serve fornire descrizioni.

Come può un giovane aspirante calciatore migliorare in queste condizioni?

Scicli purtroppo non è un caso isolato, a testimonianza del fatto che gli enti locali in questo campo non hanno alcun interesse a investire: vi sono solo progetti, ma zero fatti.

Ciò si riflette su un dato emblematico: in Sicilia, e nel Meridione in generale, gli unici talenti che diventano poi professionisti provengono quasi esclusivamente dalle città più rinomate. Basti pensare che negli ultimi trent’anni nessun calciatore proveniente dalla provincia di Ragusa ha calcato i campi di Serie A o Serie B.

Dunque, un calciatore promettente, proveniente da paesini lontani rispetto alle grandi città, è costretto ad affrontare viaggi dai costi elevati e non sempre sostenibili per la famiglia, perdendo di conseguenza la sua opportunità.

Non vi è solo il problema riguardante le strutture non all’avanguardia a penalizzare i giovani calciatori, ma anche quello della mentalità diffusa in molteplici scuole calcio del Sud. Molti allenatori sono infatti legati esclusivamente al risultato, anche in partite tra bambini di sette/otto anni e, di conseguenza, tendono a penalizzare coloro che non hanno in quella fase della crescita spiccate doti fisiche, a favore di calciatori più pronti a livello fisico ma inferiori sul piano tecnico.

Questo atteggiamento retrogrado è radicato nelle nostre zone ed è sicuramente uno dei motivi cardine della mancanza di talenti a livello locale.

Sfortunatamente questo fenomeno è presente anche nel panorama calcistico nazionale, e se non vi si porrà rimedio, partecipare ad un Mondiale diventerà un’impresa ardua.

A proposito di Nazionale vi illustriamo il seguente dato: dal 2000 in poi solo quattro calciatori siciliani hanno debuttato con la maglia azzurra.

E basti pensare che ad oggi in Serie A non vi è nemmeno una squadra siciliana, al contrario, ad esempio, della Lombardia che ne può vantare ben sei su venti.

Ecco la fotografia di un sistema calcistico siculo completamente alla deriva, che invece di progredire verso un futuro che possa colmare questo gap sembra quasi tornare indietro nel tempo.

Giovanni Aprile e Andrea Bonincontro Puglisi


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