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Día de los Muertos: vita e morte

  • Immagine del redattore: Scicliceo
    Scicliceo
  • 1 giorno fa
  • Tempo di lettura: 2 min

In Messico, tra l’1 e il 2 novembre, le città e i villaggi si riempiono di colori, profumi e suoni: è il Día de los Muertos, la Giornata dei Morti, una festa che celebra la vita attraverso il ricordo di chi non c’è più. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è una celebrazione triste: è un momento di gioia, memoria e condivisione, in cui la morte non è temuta ma accolta come parte naturale dell’esistenza.

Le radici del Día de los Muertos risalgono alle civiltà precolombiane, come Aztechi e Maya, che credevano che i defunti continuassero a vivere in un mondo parallelo. Gli Aztechi, ad esempio, dedicavano il mese di agosto alla dea Mictecacihuatl, “Signora della Morte”, portando offerte di cibo, fiori e oggetti preziosi ai loro antenati. Con l’arrivo dei conquistadores spagnoli, queste tradizioni si fusero con le celebrazioni cristiane di Ognissanti e della Commemorazione dei Defunti, dando vita a una festa unica nel suo genere, il Día de los Muertos celebra la vita e la morte come parti interconnesse di un unico viaggio.

Ogni famiglia prepara altari chiamati ofrendas, adornati con fiori di cempasúchil, candele, fotografie, cibo e oggetti personali, affinché gli spiriti dei cari possano tornare a visitarli. Le calaveras, teschi di zucchero decorati, e le maschere colorate ricordano che la morte non deve incutere timore. I piatti tradizionali, come il pan de muerto, accompagnano storie, risate e ricordi condivisi tra generazioni.

In città come Oaxaca e Pátzcuaro, le strade si animano con processioni, danze e musica, creando un’atmosfera di festa che fonde folklore, devozione e arte. Oggi il Día de los Muertos è riconosciuto dall’UNESCO come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, simbolo di una cultura che trasforma il ricordo dei defunti in un’occasione di gioia, riflessione e celebrazione della vita.

Claudia Sgarlata


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