“ASTROMAMMA”
History isn’t something you look back at and say it was inevitable, it happens because people make decisions that sometimes are very impulsive and of the moment, but those moments are cumulative realities
(La storia non è qualcosa che osservi e pensi sia stata inevitabile, succede perché le persone prendono decisioni che talvolta sono molto impulsive e del momento, ma quei momenti sono realtà cumulative)
Marsha P. Johnson
Così affermava Marsha P. Johnson, attivista, prostituta e drag queen statunitense che negli anni ’60 lottò strenuamente contro un tipo di società che, tristemente, ancora oggi non sembra voler lasciarci: quella patriarcale. Quel tipo di società dove un gruppo particolarmente ristrettodi uomini privilegiati “decide le sorti” dell’intera società, non tenendo a mente le necessità di tutte le altre persone. Ai tempi di Johnson si parlava di diritti, non riconosciuti, delle persone queer. Sebbene la rappresentazione sia esponenzialmente aumentata e la situazione complessiva migliorata rispetto al secolo scorso, non possiamo dire di aver raggiunto l’obiettivo.
Ma veniamo ai giorni nostri: oramai e fin troppo spesso siamo spettatori e spettatrici del sopravvento del patriarcato nelle nostre decisioni inconsce, nelle nostre azioni quasi robotiche, nelle nostre preferenze. Pensateci un po'. Non vi ha mai dato fastidio veder scritto esclusivamente "mamma" e mai anche "papà" su un comunissimo pacchetto di salviette per bambini? Non vi turba, ora che è stato sollevato il velo maschilista che copriva questa decisione di marketing chiaramente figlia di una triste e alquanto obsoleta memoria storica, che le donne vengano sempre relegate alla cura della prole, della casa, senza prospettive sul proprio futuro, senza aspettative dalla vita, le cui "mansioni" sono paragonabili, se non uguali, a quelle di un moderno elettrodomestico? Un esempio, come fa notare Michela Murgia nella sua “Rassegna sessista della domenica”, sono tutti quei titoli giornalistici in cui le donnevengono “ridotte” ad un’amica o una mamma, pur di non riconoscere i loro veri titoli, con il falso fine di umanizzarne la figura. Celeberrimo l’appellativo dato a Samantha Cristoforetti, che i giornali chiamano “astromamma”piuttosto che “prima donna italiana negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea Samantha Cristoforetti”.
Se niente di tutto questo vi ha dato la minima sensazione di scomodità, sconforto o fastidio, vorrei che vi rendeste conto, che facciate parte di questa "falsa minoranza" o meno, che siamo tuttə immersə, anche più in alto del collo, fino al di sopra dei capelli, in quella che è una società che sembra voler tornare non solo al patriarcato, ma soprattutto al limitare l’emancipazione delle donne. È importante far notare inoltre che, allo stesso modo in cui si parla di donne, lo si fa anche di tutte quelle minoranze finora oscurate da coloro che ostentano il loro privilegio.
La soluzione? Sicuramente non un radicale annichilimentodi tutto ciò che ha derivazione filo-patriarcale, poichésarebbe tanto impossibile quanto deleterio, anche perché nessun estremismo ha mai portato a nulla di buono.Piuttosto una graduale modifica delle nostre abitudini, un piccolo lavoro di forza mentale, una "selezione dei pensieri", se si voglia, volta in direzione di un mondo giusto in cui vige non tanto l'eguaglianza ma piuttosto l'equità: dobbiamo tuttəpoter godere degli stessi diritti, trattamenti e opportunità, indipendentemente da genere, etnia, orientamento sessuale o dall’estrazione sociale, culturale e religiosa.
Probabilmente vi chiederete come mai pocanzi ho “preferito” l’equità all’eguaglianza. La risposta è semplice: siamo tuttə diversə ed è importante riconoscere tale diversità. Tuttavia, non è giusto riconoscere formalmente a tuttə gli stessi tipi di diritti e poi, in pratica, tutelarli esclusivamente a quella ristrettissima porzione della popolazione che ormai da troppo tempo ha un posto garantito al tavolo “dei grandi”.
Ed è in questo frangente che si inserisce il tanto citato“privilegio”. Il dizionario Treccani lo definisce come “condizione, qualità, dote o merito speciale” ma è necessariamente da considerare un valore aggiunto?Esempio pratico e concreto è l’esperimento della “corsa diversificata”. Tuttə i/le partecipanti vengono dispostə alla stessa altezza e di vincere i $100 di premio. Ma c’è una condizione: può avanzare solo chi è interessatə da ciò che dice il giudice di gara. “Fai due passi avanti se non hai mai dovuto aiutare i tuoi genitori a pagare le tasse”, “fai due passi avanti se non rischi il licenziamento sulla base della tua capacità di avere figlə”, eccetera, eccetera…Inevitabilmente i/le partecipantə si troveranno ad altezza diversa lungo il percorso e quindi la gara sarà “falsata”, cioè non tuttə avranno la stessa possibilità di vincere il premio, sebbene tuttə possano ancora partecipare alla gara.
Questo esperimento dimostra quanto sia vasta la porzione di popolazione che gode, talvolta anche inconsapevolmente, di una specie di “vantaggio”, detto appunto privilegio. È compito del singolo individuo, poi, riuscire a riconoscere la propria condizione e farne uno strumento da impiegare in positivo, per far sì che la voce di tuttə coloro “oscuratə” sia ascoltata ed accolta.
In conclusione, posso solo ringraziarvi per la vostra attenzione e rivolgervi una breve e semplice richiesta: prendete spazio, fatevi sentire, date fastidio. Rinunciate ad un po’ del vostro spazio in favore di chi non ne ha abbastanza o chi non ne ha affatto. Mettetevi in discussione, cambiate la vostra opinione, informatevi, studiate, cambiate la vostra società.
Perché, vorrei ricordaste, nessun risultato concreto è mai stato raggiunto dal comfort del proprio privilegio.
Beatrice Inì
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