Vox populi, vox dei: il marchio della verità è da attribuire all'opinione su cui il popolo è concorde. In effetti, accettare la vox populi per certa rappresenta la via più semplice, specialmente in un mondo inevitabilmente di massa e nel quale si prediligono nettamente il conformismo di opinioni, costumi e valori sociali. Una società del genere, ovviamente, non fa che incoraggiare una visione passiva e acritica del mondo, accettando come incontrovertibile l’opinione comune proprio perché “popolare”.
Ma non è tanto il conformismo l'argomento principale di questo editoriale che - ci tengo a sottolineare - espone una pura riflessione personale. Il vero problema, infatti, è un altro: la “voce” del popolo” è davvero sempre e comunque “voce della verità”? Prima di rispondere alla domanda, sarebbe meglio approfondire il concetto di verità, che, nel momento storico in cui viviamo, soggiogati dalla crescente influenza dei media, ha un significato alquanto “liquido”.
La nostra è, come è stata definita, l’epoca della post-verità, termine con cui intendiamo quella circostanza in cui i fatti non hanno più molto valore e la gente è influenzata più dalle emozioni che dalla realtà. In altri termini, la fonte di ciò che viene spacciato per verità non è l'argomentazione razionale, scientifica, bensì il sensazionalismo del contenuto. In un mondo del genere, il concetto di verità sta sempre più perdendo il suo valore essenziale per trasformarsi in qualcosa di assolutamente relativo, talché “falso” e “vero”, a seconda dei punti di vista, hanno il medesimo significato. Ovviamente, parlando di “vero” e “falso”, non si intende dire che, specialmente per questioni etiche o comunque personali, la verità è assoluta. Mi sto infatti riferendo a quelle verità, che, pur fondandosi su prove concrete, vengono progressivamente banalizzate, alimentando convinzioni errate.
Parlando in maniera molto più semplice, la conseguenza diretta e primaria del mondo della post-verità è il fenomeno delle fake news. Sai benissimo cosa sono, notizie palesemente false e smentite dai fatti reali e provati che, tuttavia, spargendosi a macchia d’olio, diventano per molti inequivocabilmente l'apparente vox veritas.
È come se non potessimo andare contro una convinzione che si è radicata nel nostro cervello. Ma perché è così difficile cambiare idea, anche quando si tratta di credere alle bufale?
Stando a ricerche psicologiche, la nostra mente è portata a selezionare le informazioni secondo l’opinione già ritenuta valida, rinunciando a farsi troppe domande sull'effettiva veridicità delle stesse. Se le informazioni sono coerenti con le nostre convinzioni, le riteniamo altamente più valide, altrimenti vengono generalmente ritenute inaffidabili e scartate a priori. Gli esperti chiamano quest’errore cognitivo “bias di conferma”, in base al quale siamo indotti alla ricerca di eventuali prove ed evidenze (generalmente fittizie) che possano rafforzare le nostre convinzioni, piuttosto che smentirle.
Di fatto, dunque, non sono i fatti a convincerci di qualcosa, ma i nostri preconcetti e le opinioni precedenti, a tal punto da indurci persino alla distorsione dei fatti stessi. Se ci pensi, è molto meno “faticoso” rimanere entro i sicuri confini delle nostre opinioni e difendere ciò che noi riteniamo “giusto” o “vero”.
Per tale ragione, è sempre più semplice nell'era della post-verità diffondere idee che riescano a controllare e “polarizzare” l’opinione pubblica, creando una massa di indignati e conformisti incapaci di discriminare autonomamente e senza condizionamenti il plausibile dal palesemente infondato.
Come puoi facilmente immaginare, si tratta certamente di conseguenze della massificazione della società e dell’imperante uso dei mass media, che, penetrati in maniera pervasiva nelle nostre vite, hanno prodotto uno stadio di sovra-informazione, che, anziché sortire effetti positivi, può fare in modo che la verità venga affogata in un mare di irrilevanza e ignoranza.
In una tale circostanza, siamo totalmente disarmati o abbiamo qualche speranza? Di fronte all'irrilevanza e all'ignoranza, il nostro unico strumento dovrebbe essere, come sempre, l’istruzione, oltre a una sana e consapevole informazione. Più saremo aperti ad altri punti di vista e consapevoli che ciò che conta non è la strenua difesa di questa o quella posizione, più saremo disposti ad andare oltre i nostri preconcetti pregiudiziali.
Istruzione, informazione, apertura mentale e forse anche un po’ di buon senso. Queste sono le armi essenziali per tentare al meglio delle nostre possibilità di discriminare i “fatti” dal “falso”, con la consapevolezza che – ritornando così alla domanda originaria – la vox populi non è sempre vox veritas, specialmente in presenza di eventuali condizionamenti esterni.
Fabrizio Miceli
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