Editoriale-Echi di libertà
- Scicliceo

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Ci sono momenti storici in cui il tempo sembra trattenere il respiro, sospeso tra l’urgenza del presente e lo smarrimento del futuro, e la libertà vacilla tra clamore e silenzio. Le notizie arrivano come onde incessanti, che travolgono ognuno di noi , si infrangono una sull’altra senza lasciare spazio alla riflessione . Guerre che si moltiplicano e si spostano da un orizzonte all’altro, episodi di violenza che si ripetono con una brutalità che lacera il tessuto stesso della società, tensioni sociali che scavano solchi profondi tra generazioni e comunità: tutto parla, tutto grida, eppure, nel frastuono, si rischia di non ascoltare più nulla.
È in questo scenario che diventa prezioso il gesto antico e semplice di fermarsi: non per fuggire, ma per guardare e per distinguere tra il rumore e la parola, tra ciò che scorre veloce e ciò che resta. La nostra epoca, per quanto tecnologicamente avanzata, somiglia a un grande racconto: figure di potere che si impongono con forza, voci fragili che cercano giustizia, equilibri che si spezzano e si ricompongono nuovamente. Ogni evento porta con sé una lezione, ma per coglierla occorre affinare lo sguardo, come chi legge un’antica favola di Fedro non per l’aneddoto, ma per la verità nascosta tra le righe.
L’arte contemporanea offre un linguaggio potente per raccontare questo bisogno di attenzione. Emilio Isgrò, con le sue cancellature poetiche, ha insegnato che togliere può significare rivelare. Nei suoi testi “oscurati” non resta il nulla, ma emerge un messaggio essenziale, che invita chi guarda a partecipare attivamente al significato. In un’epoca di sovrabbondanza di informazioni, l’arte di Isgrò diventa un’azione critica: cancellare per vedere meglio, eliminare il superfluo per dare luce all’essenziale.
Forse è proprio questo il compito che ci attende oggi: imparare a cancellare, non nel senso di dimenticare, ma di scegliere, di esercitare una selezione consapevole, di ritagliare spazi di silenzio per ascoltare ciò che davvero conta. La cancellatura diventa così una forma di libertà interiore, una difesa contro l’eccesso, una lente con cui osservare il mondo.
Mentre tutto sembra accelerare, confidiamo nella forza della capacità di rallentare e di imparare a guardare il mondo con occhi diversi. Non bisogna accontentarsi delle versioni più facili, ma è necessario guardare oltre le superfici e capire che dietro ogni gesto collettivo ci sono dinamiche antiche e profonde: rapporti di forza, desideri, paure, illusioni. La storia,
come nelle favole morali, tende a ripetersi, mutando solo i volti e i luoghi.
Non è un invito alla nostalgia, ma alla consapevolezza, grazie alla quale è possibile riconoscere che, per trovare senso nel presente, serve un’attenzione minuziosa nel passato. Come nello studio dei limiti in matematica, dove ci si avvicina con precisione infinita a un punto che non sempre si può raggiungere, così anche nel comprendere il nostro tempo è necessario procedere con rigore e delicatezza: osservare, avvicinarsi, indagare ciò che sta “ai confini” della realtà evidente. Serve il coraggio di cancellare, la libertà di pensare con autonomia e il silenzio di chi ascolta davvero.
Solo così, forse, tra le righe e le pause, potremo riscoprire parole autentiche: non quelle che si dissolvono nella cronaca, ma quelle che costruiscono memoria e futuro.
Bora Guna
![“Vi piace lamentarvi che questi numeri asciutti sono l’opposto della poesia! […] E la geometria non è pura gioia?”](https://static.wixstatic.com/media/009917_8bb23b769c9b4fdaa6fc79033822a583~mv2.jpg/v1/fill/w_980,h_604,al_c,q_85,usm_0.66_1.00_0.01,enc_avif,quality_auto/009917_8bb23b769c9b4fdaa6fc79033822a583~mv2.jpg)

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