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Hamilton: An American Musical.

Prima di tutto, ben tornati su Scicliceo! Spero abbiate passato una buona estate nonostante gli infiniti e, spesso e volentieri, tra loro contraddittori “consigli” che ci sono stati imposti in questi pochi mesi. So bene quanto sia stato difficile attraversare questo periodo di incertezze ed è proprio per questo che con questo articolo proverò a “tirarvi su il morale”, sebbene entro i vari limiti del caso.

Anzitutto dobbiamo chiarire un concetto: l’idea di musical. In questo articolo, come probabilmente anche in altri che verranno, si intende musical come rappresentazione strettamente teatrale – ed in un secondo momento cinematografica – nella quale si alternano canzoni, dialoghi e coreografie. Concezione che va in direzione separata, per non dire opposta, a quella di musical come film musicale, dove la musica ha un ruolo quasi secondario, ossia tutti quei film in cui essa è utilizzata semplicemente per far scorrere in modo più dinamico la trama o in cui le canzoni sono usate come mere separazioni tra le varie scene. Tornando al musical, è importante ricordare che il genere sia nato proprio negli Stati Uniti, per trovare la massima espressione nei vari teatri che costellano Broadway, una tra le più celebri vie di New York.

Ed è proprio New York, The Big Apple, la meta del nostro viaggio. Il punto di partenza, tuttavia, è molto più a sud, nel villaggio di Charlestown, nei Caraibi. È proprio da qui che un giovanissimo orfano dal nome di Alexander Hamilton, appena diciassettenne, salpò alla volta degli Stati Uniti d’America, con nient’altro che una misera colletta e un estro senza limiti. In poche parole, Hamilton riuscirà a riscuotere un successo, anche piuttosto cospicuo, principalmente attraverso il suo carisma, grazie al quale arrivò ad essere considerato un figlio dallo stesso presidente Washington.

Hamilton: An American Musical, come facilmente si può dedurre dal titolo, non fa altro che narrare la storia di uno dei più affascinanti padri fondatori degli USA, in una produzione di tre ore circa. La rappresentazione debuttò Off-Broadway il 17 febbraio 2015 al Public Theatre per poi raggiungere il Richard Rogers Theatre (On-Broadway) il 6 agosto dello stesso anno.

Hamilton: An American Musical, scritto nel corso di quasi 7 anni, non può essere considerato che il capolavoro della penna del newyorkese Lin-Manuel Miranda, di origini portoricane. In un certo senso si potrebbe trovare un parallelismo tra l’autore e il protagonista: facendo cadere la questione immigrazione in secondo piano (Miranda è infatti “americano di prima generazione”, in quanto furono i suoi genitori a compiere il viaggio Puerto Rico-New York), si nota come entrambi siano mossi da una costante necessità di scrivere – il padre fondatore di argomenti giuridici, Miranda di argomenti musicali – indipendentemente dalla situazione in cui si trovano. Si pensi che Miranda iniziò a scrivere “Hamilton” in luna di miele e che Hamilton scrisse da solo ben 51 articoli del suo libro “Il Federalista” – scritto in collaborazione con John Jay e James Madison – nonostante il piano iniziale fosse di scriverne 25.

Ad ogni modo, è facilmente intuibile la ragione per cui Hamilton riscosse – e tuttora riscuote – successo a livello globale: si tratta del cast, scelta assai azzardata dello stesso Miranda. L’autore racconta Hamilton definendolo “l’America di allora narrata dall’America d’oggi”, perché è fondamentale ricordare che la maggior parte dei componenti del cast sono attori afroamericani. Scelta coraggiosa, fatta proprio per far luce su un problema che ancora oggi affligge innumerevoli vite e che sembra impossibile da sradicare: il razzismo verso le persone di colore, soggetto delle varie proteste che si sono accese in numerosissime città degli stessi States.

In conclusione, non posso che ringraziarvi per la vostra attenzione, invitandovi ad interessarvi a questo magnifico mondo che è Broadway perché, vi assicuro, troverete sempre qualcosa che vi attrarrà verso sé come un magnete. Penso di aver detto tutto quindi non mi resta che dire: ci vediamo alla prossima (edizione)!


Beatrice Inì


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