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I disturbi alimentari

Più propriamente definibili come disturbi del comportamento alimentare, sono patologie di natura psicologica che dipendono dall’autostima e dall’importanza che ha l’immagine corporea per l’individuo. Nella società di oggi, dove è più presente la tendenza a conformarsi ad un ideale di bellezza fisica, queste “malattie” sono sempre più diffuse, specialmente nella fascia d’età adolescenziale. Le principali forme di DCA sono: anoressia, bulimia e sindrome da alimentazione incontrollata.

L’anoressia è un disturbo che colpisce le persone preoccupate di essere grasse, di conseguenza il problema del peso assume tale importanza da diventare motivo sufficiente per saltare pasti e abusare di sostanze lassative perseguendo l’idea platonica della magrezza. Ciò che quindi inizia con una dieta estrema finisce in un digiuno eremitico che purtroppo può causare conseguenze molto gravi, quali insufficienza renale, osteoporosi, ipotensione, perdita dei denti e dei capelli ed infine la morte. La categoria più colpita sono le donne per evidenti standard estetici piuttosto diffusi.

La “fame da bue” o bulimia, al contrario, rappresenta il problema inverso, caratterizzato da una smisurata assunzione di cibo come conseguenza di attacchi incontrollati di fame. Si tratta di una vera e propria dipendenza dal cibo a cui segue un profondo senso di colpa che fa sprofondare l’individuo nella depressione e in tentativi di espellere ciò che è stato ingerito, portando quindi ad un utilizzo compulsivo di lassativi e diuretici e a una costante pratica di stimolo del velopendulo, anche con oggetti esterni, con conseguenti conati di vomito.

Il disturbo alimentare incontrollato può essere considerato una variante di quest’ultima, con l’unica differenza che l’individuo non sente di dover espellere quanto ingerito, portando dunque a forme di obesità anche gravi. Cause di questo disturbo possono essere una predisposizione genetica all’obesità e problemi di depressione; altro fattore determinante è l’ambiente, in quanto situazioni avverse o spiacevoli, in particolare la derisione della forma fisica dell’individuo, lo portano a fuggire dalla realtà cercando rifugio nel cibo. La categoria più colpita, contando circa il 40% dei casi, è quella maschile.

Tutti e tre i disturbi sono accomunati da gravi implicazioni e dalla complessità del percorso per guarirne. È infatti necessario un approccio terapeutico multidisciplinare sia in materia fisica che psicologica e l’aiuto di specialisti, ma non solo; fondamentale è anche il sostegno di familiari o amici da cui spesso chi ne soffre tende a prendere le distanze per paura del loro giudizio, sentendosi inadeguato. È quindi necessario un atto di grande coraggio: in primis per ammettere il proprio problema, e poi per aprirsi e chiedere aiuto, se si vuole uscire da questa spirale, prima di raggiungere il punto di non ritorno.

Edoardo Sammito e Teseo Mormina


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