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IL MANCATO SENSO DI APPARTENENZA

Ancora una volta la vita giunge in questo mondo e si insinua nel grembo di una neo madre: il nascituro e questa donatrice di vita, inconsapevolmente, si sono scelti e, reciprocamente, si appartengono.

Sin dal primo respiro, dal primo pianto, dal primo latte materno, siamo già parte integrante di una piccola realtà di vita che si concretizza giorno dopo giorno.

La fase adolescenziale, tuttavia, mette in dubbio ogni nostra certezza e il nostro precedente senso di appartenenza viene a mancare. Il vuoto creatosi ci porta ad una disperata e frenetica voglia di soddisfare questo istinto primitivo, che tutti gli esseri umani hanno, a tal punto che finiamo per essere comparse, e non protagonisti, della vita che stiamo scegliendo di vivere.

Tutto ciò avviene perché, solo quando percepiamo di avere un posto nel mondo, l’esistenza sembra essere più semplice e meno solitaria. Costruiamo una corazza che ci protegge dai pericoli che costellano il nostro cammino e dagli sguardi intimidatori della gente. Motivo per cui, molto spesso, non diamo un tempo congruo alla nostra persona di  trovare un contesto in cui si senta a casa, una situazione in cui si senta protetta, tranquilla e a suo agio.

Tuttavia, ai bambini stranieri che giungono in Italia, viene negata la possibilità, non solo di avere il tempo di trovare la propria identità, ma anche di averne una.

Il loro percorso verso l'integrazione e il sentirsi parte di un contesto risulta essere complesso e tortuoso, influenzando profondamente il loro benessere psicologico e il successo scolastico.

L’unico sentimento che gli viene manifestato, nella maggior parte dei casi, è quello di ostilità e le uniche sensazioni che sono in grado di  sperimentare sono quelle di smarrimento, alienazione e rifiuto.

Il senso di appartenenza di questi giovani viene duramente messo alla prova, pertanto si assiste ad un loro completo sradicamento dalla cultura d’origine, ma anche da quella italiana.

Risulta emblematico il caso dei dodici alunni di nazionalità italiana, frequentanti la prima elementare dell’Istituto Comprensivo “Aspri” di Fondi, che, qualche settimana fa, sono stati costretti dai genitori a cambiare istituto, perché non accettavano che quella classe fosse composta per il 50% da studenti di nazionalità indiana, pakistana e albanese.

E’ l’ennesimo caso di discriminazione e mancanza di apertura nei confronti del prossimo. Il tutto, inoltre, viene mal giustificato dietro la paura che i figli non apprendano nulla e restino indietro con il programma per causa loro, come affermato su Repubblica.

In che modo si può, dunque, sperare in un futuro migliore?

Secondo quanto affermato dallo scrittore Michele Gentile: “Ogni singola forma di discriminazione costituisce un deciso passo in avanti verso il regresso del genere umano”.

Tona Erika

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