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Il massacro del Circeo

In memoria del 47° anniversario della tragedia che sconvolse l’Italia nel 1975, le cui indagini si perpetuano fino ai giorni nostri, vi racconteremo la storia agghiacciante di due ragazze di 17 e 19 anni: avevano tutta la vita dinanzi a loro, sogni nel cassetto, grandi ambizioni e obiettivi da coronare, eppure il destino riservò loro il peggio. Donatella Colasanti e Rosalia Lopez, un sabato pomeriggio, conobbero tre ragazzi: Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira. Iniziarono a frequentarli e il 28 settembre Izzo e Guido proposero a Donatella e Rosalia di andare, il giorno successivo, alla festa di un loro amico a Lavinio, in provincia di Roma. Quello che le ragazze non sapevano è che quei tre giovani ben educati erano tutt’altro che bravi ragazzi. Tutti e tre amavano il solo gusto sadico della trasgressione, della violenza e della crudeltà. Angelo Izzo, soprannominato “il bombardiere nero” per la fede fascista, aveva già stuprato due ragazze assieme a degli amici, per poi compiere una rapina a mano armata insieme allo stesso Ghira. Tutti e tre bazzicavano gli ambienti dell’estrema destra romana, erano soliti consumare eroina e compiere reati e minacce di qualsiasi genere. Dietro il loro aspetto ed il loro modus agendi rassicurante, le loro buone maniere, i loro comportamenti artefatti, si nascondevano tre sociopatici. Ma c’era un’altra cosa che Donatella Colasanti e Rosaria Lopez non sapevano: in realtà non vi era alcuna festa ed è proprio da lì che iniziò il loro inferno.

Vennero torturate, stuprate, seviziate più e più volte in quelle 36 ore in cui non si intravedeva alcuna via di salvezza. Donatella provò a chiamare il 113, ma fu picchiata nuovamente con una spranga. Alla fine, Donatella capì che la cosa migliore era fingersi morta e così fece: fu caricata assieme a Rosaria nel bagagliaio di una 127 bianca, che parcheggiarono a Roma. Durante il viaggio i tre si dicevano divertiti: «Finalmente le abbiamo ammazzate» e «Zitti, ché c’è chi dorme». Poi, andarono a mangiare in un ristorante. Fu allora che Donatella picchiò contro la lamiera dell’auto, finché non la sentì un ex carabiniere, che la rese libera.

Il processo

Izzo e Guido furono arrestati dopo pochissimo. La mamma e il fratello di Ghira furono scoperti nella villa del Circeo, forse a ripulire la scena del crimine. Il caso divenne oggetto di discussione pubblica e il processo seguitissimo. La difesa si espresse con questi termini: «Se le ragazze fossero rimaste accanto al focolare, dove era il loro posto, se non fossero uscite di notte, se non avessero accettato di andare a casa di quei ragazzi, non sarebbe accaduto nulla».

Dinanzi a un’arringa del genere si può solo provare disgusto: verso l’illustre avv.

Angelo Palmieri che la pronunciò, verso il tribunale le cui sentenze irrisorie sono un insulto all’idea di giustizia… perché, ebbene sì, la nostra cara Italia, per l’ennesima volta, gira le spalle alle donne, nega loro una vita con pari diritti e dignità maschili. Vogliamo giustizia, non smetteremo di batterci affinché ogni donna sia tutelata dallo Stato, affinché ogni criminale abbia ciò che merita, affinché la “lex aequalis omnibus” non sia solo un’utopia.

E continueremo a farlo, perché quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa DOVERE.

Francesca Xeka e Sophie Ndiaye


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