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Jago: il giovane prodigio della scultura

Jago, pseudonimo di Jacopo Cardillo, è una giovane promessa dell’arte scultorea. È divenuto noto quando, in seguito alle dimissioni del Papa Benedetto XVI, spogliò il busto originale di una sua statua raffigurante il pontefice, chiamandola “Habemus Hominem”.

Il suo nome è tornato alla ribalta di recente, quando nella notte del 5 novembre ha installato una sua statua in Piazza del Plebiscito a Napoli. Essa raffigura un bambino appena nato incatenato al terreno, inchiodato alla sua condizione di senza-certezze. L’opera intende dar voce a tutti coloro che, a causa della crisi economica, sono stati messi in ginocchio dalla pandemia e sono costretti nella loro condizione, senza possibilità, al momento, di poterla cambiare. L’opera è stata battezzata Look-down, con un chiaro riferimento alla parola lockdown, ma con il significato di “guardare in basso”, agli ultimi, ai più vulnerabili.

Tra le sue opere più conosciute vi è, senza dubbio, “Il figlio velato”, conclusa di recente: un evidente richiamo al “Cristo velato” di Giuseppe Sanmartino. Un’altra scultura da citare è certamente “Venere”, che si discosta completamente dagli ideali di venustà, cioè da una bellezza ideale. L’opera rappresenta, invece, la vera venustà, che è quella dell’anima, uno stato dell’essere. La donna raffigurata è una donna in età avanzata ed è proprio nella decadenza di un corpo che subisce l’influenza del tempo che risiede la vera bellezza.

L’ultima opera a cui sta lavorando Jago è la “Pietà”, e qui le allusioni a Michelangelo non mancano di certo. Qualcuno potrebbe anche accusare Jago di mancanza di originalità. Ma cosa significa veramente essere originali? E poi rispetto a cosa? Significa per caso non avere punti di riferimento? Per Jago no: tutti possiamo, anzi dobbiamo, avere dei punti di riferimento. La cosa più importante non è cercare di assomigliare il più possibile ad un grande come Michelangelo, ma conservare quello spirito di iniziativa, quel genuino senso di emulazione rispetto alla grandezza. Altrimenti si rischierebbe di non produrre più nulla, di vivere di conservazione e basta, quando invece si potrebbe fare, produrre, creare. Jago in qualche modo sta scolpendo il suo futuro e tramite la sua arte vuole insegnarci a fare altrettanto.



Francesca Miceli

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