Cari lettori, è difficile spiegare cosa significa leggere l’Igiene dell’assassino di Amélie Nothomb, ma vi prometto che farò di tutto per rendere giustizia a questo piccolo, grande capolavoro.
Inizio col parlare dell’ambientazione: la Guerra del Golfo sta per scoppiare ed in Francia viene annunciata l’imminente morte del celebre premio Nobel per la letteratura Pretextat Tach. Il romanziere è stato colpito dalla sindrome di Elzenveiverplatz, ovvero un raro tipo di cancro delle cartilagini, che lo porterà alla tomba in un mese e mezzo.
Molti giornalisti sgomitano per ottenere delle dichiarazioni esclusive per il loro giornale, ma non tutti avranno quest'onore perché egli è un tipo molto particolare ed esigente. Durante il corso del romanzo, quindi, assistiamo a questi colloqui che ci permettono di conoscere in maniera più approfondita la personalità ed il pensiero di Tach e non possiamo far altro che essere schifati dalla meschinità di quest’uomo. Inizialmente assistiamo a quattro interviste con dei giornalisti maschi che Pretextat si diverte a denigrare e provocare senza mezze misure, riuscendo però in maniera ingegnosa ma disonesta a far apparire sé stesso, agli occhi dei giornalisti che ascoltano i nastri delle conversazioni, come la vera vittima della situazione. Tach però avrà pane per i suoi denti nel momento in cui si troverà davanti una giovane e promettente giornalista appassionata delle sue opere che ha una singolare teoria sulla vita e sui romanzi dello scrittore. Con il procedere dell’intervista, la situazione sembra degenerare e oltrepassare ogni limite, ma alla fine tutto combacia in una sottile linea narrativa quasi impercettibile che collassa in un punto, a tratti metafisico, che è la fine del romanzo.
Potremmo quindi definire l’Igiene dell’assassino un dettagliato e macabro dialogo sulla sottile linea che divide ma allo stesso tempo unisce la vita, la morte e l’amore.
Miriam Agosta
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