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La fabbrica delle bambole

Londra è pallida e fredda anche nel 1850. Se vi sporgete per strada potrete udire diversi suoni: le urla di qualche venditore ambulante, lo scricchiolio delle ruote delle carrozze sulla strada, le voci di uomini provenienti da qualche locanda che si apre dietro il primo vicolo. Odore di alcool, putridume e cibo arrosto, è questo che si può sentire in una giornata qualsiasi in un vicolo qualsiasi della grande capitale inglese, fremente per la Grande Esposizione che aprirà a breve le porte al mondo. In una grande città come questa è davvero facile sentirsi come piccoli topi inutili, se non addirittura in gabbia, intrappolati dall’insignificante vita che ci si è costruiti attorno. È proprio così che si sente Silas Reed, un sinistro tassidermista qualunque con un grande sogno: avere una galleria tutta sua. Proprio come se fosse uno dei suoi stessi topi imbalsamati, anche lui vorrebbe scappare dalla noiosa realtà che lo circonda e arrivare al successo dimostrando a tutti coloro che lo hanno schernito per anni, quanto vale davvero. Non meno ambiziosa è Iris Whittle, giovane ragazza che si sente oppressa dal suo lavoro presso una fabbrica di bambole, dove trascorre le sue intere giornate con la gemella Rose, a cucire, vestire e dipingere bocche e occhi su dei piccoli giocattoli. La pittura tra le dita, il nero del carboncino che macchia il foglio, un sottile pennello tra le mani: è questo il sogno della giovane, che cerca di giostrarsi da tempo nella pittura, sognando un futuro da artista. Ma i tempi per le giovani donne sono funesti anche nell’arte, e prima di lei probabilmente solo una certa Lizzie Siddal è riuscita nel suo intento, grazie all’appoggio della “Confraternita dei Preraffaelliti”, pittori non poco noti alla critica. Sarà proprio uno di loro, Luis Frost, a dare ad Iris la possibilità di cambiare davvero la sua esistenza e farle raggiungere finalmente il suo tanto desiderato obiettivo. Sono molteplici le vite che si intrecciano nella nebbiosa e tragica Londra vittoriana descritta dall’autrice Elizabeth Macneal all’interno del libro. La scrittura leggera e i capitoli sfuggenti non basteranno a farvi “buttare giù la pillola” e dovrete fronteggiarvi più e più volte con atmosfere tutt’altro che piacevoli, ritrovandovi faccia a faccia con la parte più malsana dell’animo umano. Pur essendo un ottimo romanzo, si sarebbero potute anche evitare le descrizioni dettagliate e raccapriccianti (dalle quali forse soltanto gli amanti della medicina o i senza cuore, potrebbero uscire inermi). Un’ambientazione tutta d’altri tempi, con personaggi d’altri tempi, vi aspetta tra i vicoli di una Londra di quasi due secoli fa.



Alessia Marinero

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