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Le nuove frontiere dell’arte

Entro quali limiti si può parlare di arte? Dare una risposta a questa domanda oggi è praticamente impossibile. Tutto può essere considerato arte, purché lo affermi l’artista. Siamo in un’era in cui si parla sempre più di crypto-art, ovvero arte digitale, dunque non fisica. Attraverso la blockchain, che sarebbe una sorta di “registro digitale”, è possibile vendere vere e proprie opere d’arte digitali, e quindi apparentemente disponibili per tutti, a somme da capogiro. L’artista che firma un’opera è l’unico possessore dell’originale e questa è diversa da tutte le copie che ci sono in circolazione, così come una scultura autentica e firmata è diversa da una sua copia. Questo è possibile grazie all’utilizzo di un token crittografico (NFT), che garantisce l’unicità di un digitale. Gli acquirenti sono disposti a sborsare cifre esorbitanti per accaparrarsi opere dai facili click, che garantiranno loro altrettanto guadagno.

Anche se stiamo parlando di opere astratte, non tangibili, l’idea che l’arte sia molto più che solo materia si fa sempre più strada tra gli artisti di oggi e di domani. L’esempio forse più eclatante è quello rappresentato dall’artista sardo Salvatore Garau. Le sue opere immateriali hanno segnato una svolta nella concezione stessa dell’arte contemporanea. Ha, difatti, creato scalpore la vendita della sua ultima opera, “Davanti a te”, in concreto inesistente. Alla base della sua concezione artistica c’è l’idea che anche il nulla può essere considerato arte. D’altronde Garau parte dal presupposto che il vuoto non è altro che uno spazio pieno di energia e anche se lo svuotiamo, secondo il principio di indeterminazione di Heisenberg, quel nulla ha un peso, ha quindi energia. Nel momento in cui egli espone in uno spazio una scultura immateriale, quello spazio concentrerà una certa quantità e densità di pensieri in un punto preciso, creando una scultura che dal solo titolo dell’opera assumerà le più svariate forme. Sarà, quindi, chi ne usufruisce dell’opera a dare a questa il significato e l’aspetto che si desidera, in base all’impressione che riceverà trovandosi in quello spazio.

Garau sfrutta le sue opere come provocazione per la protezione dell’ambiente e come critica alle opere di crypto-art. Anche se queste e le sue sculture immateriali sembrano essere imparentate, in realtà sono ben diverse. Innanzitutto le opere di crypto-art sono immagini visibili, che possono essere stampate e quindi riprodotte in molteplici copie. Le sculture di Garau sono invece uniche e irriproducibili. Poi la produzione degli NFT, utilizzati dalle opere di crypto-art, necessita di aumento della potenza di calcolo dei processori, creando inquinamento. Al contrario le sculture immateriali hanno zero impatto ambientale.

Quella di Garau è una concezione del tutto nuova, che lascia spazio alla completa immaginazione di chi, più che guarda, sente. Per l’artista il fatto di riuscire a sentire la presenza dell’opera è una prova della nostra stessa esistenza. Se percepisco l’arte vuol dire che esisto.

Francesca Miceli



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