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MEMORIE DI ADRIANO

“Non siamo i soli a guardare in faccia un avvenire inesorabile” si tratta di “esattezza minuziosa del capo che vuole sapere tutto, interesse per i lavori della pace e della guerra, gusto per le statue somiglianti e ben fatte, passione per i poemi e le leggende d’altri tempi”. Così, con dei taccuini di appunti, la scrittrice Marguerite Yourcenar vuole concludere un’accurata ricostruzione storico-biografica del personaggio illustre e ambiguo che fu l’imperatore romano Adriano.

Proprio questi appunti dell’autrice fanno comprendere la complessità e l’audacia di un’opera così pensata, poi smarrita, abbandonata e infine recuperata e pubblicata trent’anni dopo l’inizio di tutto. Un romanzo del genere apparve, almeno all’inizio, qualcosa di ambizioso alla stessa autrice, che si trovò davanti un personaggio talmente multiforme da vergognarsi di aver osato un’avventura del genere: un’avventura all’interno di un personaggio distante nel tempo, ma vicino in alcuni pensieri, determinato e incerto al tempo stesso; un’avventura anche la documentazione storico-archeologica sull’imperatore e sugli altri personaggi del romanzo di cui si serve l’autrice, che carpisce uno stretto legame tra opere distanti temporalmente e spazialmente, ma che narrano tutte una stessa persona; un’avventura audace, perché la Yourcenar sa che la purezza con la quale mostra Adriano al mondo e a se stessa potrebbe farla allontanare dal genere di libro o dal genere di persona prediletti dai più. Inoltre la Yourcenar stessa sostiene che “coloro che avrebbero preferito un Diario di Adriano alle Memorie di Adriano dimenticano che un uomo d’azione raramente tiene un diario”.

Infatti Adriano si presenta a noi per mezzo di una lettera che indirizza al “nipote adottivo”, ossia Marc’Aurelio: l’imperatore non pensa semplicemente ad adottare un figlio adottivo per la successione, bensì vuole garantire all’Urbe almeno una parvenza di pace per due generazioni. L’imperatore vuole contribuire all’eternità di una città che adesso l’umanità identifica con Città eterna (Roma); vuole pace tra i popoli, in quanto questa porta inevitabilmente progresso; pretende che le culture, poi in special modo l’arte della guerra, vengano mantenute sia dai barbari sia dai romani e al tempo stesso mescolate: ecco l’uomo ambiguo, per la Yourcenar “L’uomo”.

Un uomo che nonostante il Tempo, portatore di nuovi uomini e di diversi modi di pensare, ha timore della morte e ripugnanza della vecchiaia, come gli anziani di oggi; ciò nonostante Adriano è dinamico: dalla lettera a Marc’Aurelio, si evince il precoce istinto al suicidio e la saggia ma tardiva attesa della morte: una questione di “Patientia”, titolo dell’ultima parte del romanzo. “Ho rinunciato a precipitare la mia morte”.

L’imperatore è combattuto tra voluttuosità e logica, tra fato e intelligenza: si affida a dèi e maghe, in realtà riconoscendo il potere dell’uomo. Sostiene “l’esistenza m’ha dato molto, o, perlomeno, io ho saputo ottenere molto da lei”. Adriano è anche combattuto per il suo dolce amaro amore rimproverato (più che proibito), quello provato per il sincero e frustrato Antinoo.

Un romanzo che richiede dedizione, un uomo che scova dentro di sé e dentro il lettore: Memorie di Adriano.



Andrea Pisana




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