“Il problema del Mezzogiorno non può essere considerato soltanto un problema di quelle regioni: deve essere considerato un problema nazionale se lo si vuole risolvere.”
Queste furono le parole che Sandro Pertini, “il presidente più amato dagli italiani”, pronunciò nel tradizionale messaggio di fine anno del 1982 a proposito di una delle questioni principali che dal secondo dopoguerra in poi affliggono il nostro Paese: lo sviluppo del Mezzogiorno. In Europa, a partire dal secondo dopoguerra, ci sono stati solo due grandi tentativi di recupero di vaste porzioni di territorio sottosviluppate all'interno dello stesso Paese. Si tratta, come suggerisce il nostro titolo, del Sud d'Italia e della Germania dell'Est. L’esito di questi due interventi straordinari, però, non trova tutti gli storici concordi: per alcuni si tratta del più vasto spreco di soldi pubblici, mentre per altri della più efficace azione statale nella storia dei due Paesi.
Bisogna considerare una differenza: mentre l’Italia fino al 1950 beneficiò dei fondi del Piano Marshall impiegando tali risorse specie per il Sud, in Germania i fondi USA furono destinati solamente all’Ovest occupato dagli americani lasciando l’Est, in mano ai sovietici, sottosviluppato. In Italia, dunque, i problemi sorsero alla fine del Piano Marshall (intorno al 1950-51), quando il governo di allora, presieduto da Alcide De Gasperi, decise di accettare il progetto del governatore della Banca d’Italia Donato Menichella di istituire la Cassa per il Mezzogiorno, che avrebbe dovuto intercettare i fondi messi a disposizione dalla Banca Mondiale per finanziare programmi di investimenti nelle aree povere del mondo. Dopo la sua chiusura nel 1992 le sue funzioni furono assunte dal Ministero dell’Economia fino al 2008, anno in cui qualsiasi spesa per il Sud, a causa della crisi globale, fu rimessa ai soli fondi europei. Fino a quella data erano stati investiti 342 miliardi; nella Germania dell’Est, invece, nei trent’anni successivi alla caduta del Muro di Berlino è stata investita una cifra enormemente superiore a quella per il Sud Italia in circa sessant’anni: 2000 miliardi di euro. Una somma esorbitante, costituita da ingenti investimenti statali che hanno rafforzato la credibilità tedesca a livello internazionale attirando numerosi investimenti privati dall’estero che hanno contribuito allo sviluppo dell’economia dell’Est. Tuttavia, non si raggiunse di certo l'eliminazione del divario che aveva promesso Helmut Kohl, il più longevo Cancelliere della storia tedesca (superato in epoche precedenti solo da Otto von Bismarck), ma basta fare un confronto con il Sud Italia per comprendere come si tratti comunque di risultati notevoli che hanno prodotto buoni frutti: prima della pandemia il tasso di disoccupazione era del 17,6% al Sud e del 6,9% nell'Est tedesco. Certamente, l’Italia non è la Germania e qui il divario perdura dall’unificazione. Ma il Mezzogiorno ha conosciuto anch'esso una sua belle époque tra il 1950 e gli anni ’70 perché in quel periodo il PIL meridionale toccò punte del 60%, contribuendo allo sviluppo dell’Italia.
Oggi il governo Draghi ha la possibilità di rendere strutturale la crescita dell’economia meridionale grazie ai fondi Ue del PNRR, poiché, come ha ribadito la Ministra per il Sud Mara Carfagna, nel piano italiano approvato dalla Commissione europea è scritto a chiare lettere che dei 191,5 miliardi che arriveranno nei prossimi cinque anni, circa 82 saranno destinati al Sud. Questi i numeri, adesso la sfida è dare una svolta all'economia del Sud per imprimerla a quella del Paese.
Davide Musumeci

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