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Sacituzumab Govitecan: la nuova speranza contro al tumore al seno arriva da Pisa

  • Immagine del redattore: Scicliceo
    Scicliceo
  • 1 giorno fa
  • Tempo di lettura: 2 min

Il tumore al seno metastatico è una condizione che si manifesta in quasi un caso su tre pazienti con carcinoma mammario in fase iniziale e che interessa ben 37.000 donne in Italia.  Tra i farmaci di ultima generazione studiati per bloccare la metastasi, ovvero la diffusione di cellule tumorali da organi come fegato, cervello, ossa e polmoni, stanno emergendo gli ADC (Antibody Drug Conjugates). Essi sfruttano i recettori presenti sulla superficie delle cellule tumorali per identificarle e penetrare al loro interno, rilasciando in modo mirato una sostanza chemioterapica. Un esempio concreto di questa strategia innovativa è rappresentato dal “Sacituzumab Govitecan”, un ADC che ha recentemente ampliato il proprio ambito di utilizzo nel trattamento del tumore al seno. Approvato all’inizio come terapia  per il tumore al seno  metastatico (mTNBC), la forma più aggressiva della patologia, oggi si propone anche come opzione terapeutica per le pazienti affette da carcinoma mammario metastatico HR+/HER2-. 

Quest’ultimo, caratterizzato dall'espressione dei recettori ormonali (estrogeno o progesterone) e da una scarsa o assente espressione della proteina HER2, è trattato con i coniugati farmaco-anticorpo (ADC) che si sono dimostrati più efficaci e tollerati.

È importante sottolineare che il carcinoma HR+/HER2 rappresenta circa il 70% di tutte le diagnosi di tumore al seno e risulta maggiormente incline a sviluppare metastasi ossee, con un tasso di sopravvivenza a 5 anni del 34% delle pazienti con malattia metastatica. 

In particolare, il Sacituzumab risulta indicato nelle pazienti con carcinoma mammario metastatico HR+/HER2- che hanno praticato almeno una terapia endocrina e due cicli di chemioterapia. I vantaggi rispetto alla chemioterapia tradizionale sono stati evidenziati dallo studio TROPiCS-02: il farmaco ha migliorato sia la Progression Free Survival, riducendo il rischio della progressione della malattia di circa il 34%, prolungando la sopravvivenza e riducendo il rischio di mortalità del 21%, sia la qualità di vita delle pazienti. 

Infine, nello studio ASCENT, il farmaco ha dimostrato di dimezzare il rischio di avere una progressione della malattia e il rischio di morte rispetto alla chemioterapia standard. 

Nello specifico, è in grado di riconoscere la proteina TROP-2 presente sulla superficie delle cellule del tumore mammario, per poi rilasciare all’interno di esse l’agente chemioterapico (SN-38). Questo rilascio assicura un potente effetto antitumorale in modo selettivo, riducendo al contempo la tossicità sui tessuti sani circostanti. Si hanno così meno sintomi debilitanti. 


Caterina Fidone e Elisa Galanti


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